Ecco perché la lettera dell’ONU sul decreto sicurezza bis è un segnale allarmante

Il 15 maggio l’ambasciatore rappresentante permanente presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra Gian Lorenzo Cornado ha ricevuto una lettera dal coordinatore per le procedure speciali per i diritti umani dell’ONU [1] riguardo la bozza di testo del cosiddetto dl “sicurezza bis” circolata in questi giorni (scaricabile da qui: https://cloud.eigenlab.org/s/ZLoo3wEYcHaan7w ). Si tratta di un documento elaborato ed estremamente denso di riferimenti che potrebbero apparire come tecnici ai più, seppure inseriti in un discorso ampio e inequivocabile di condanna dell’operato del Governo Italiano e delle velleità che esso esprime, in particolar modo attraverso la figura del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Per questo motivo abbiamo cercato di capire quali fossero le ragioni che hanno portato all’elaborazione di un documento su un tema così delicato da parte di un soggetto così centrale nella comunità internazionale. In seguito abbiamo cercato di contestualizzare e affrontare in maniera sistematica i contenuti e i significati racchiusi nel testo, e per farlo abbiamo dovuto ripercorrere alcune brevissime nozioni di storia e di diritto internazionale, senza rischiare di perdersi in gineprai e tecnicismi fuori dalla nostra portata e ben oltre lo scopo della comprensione del documento.

 

Di cosa stiamo parlando e quali sono le ragioni

L’organo che ha inviato la lettera è l’Ufficio dell’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), che si occupa del monitoraggio dei diritti umani a livello globale, attraverso l’indagine, la segnalazione e l’elaborazione di documenti in risposta alle sfide contemporanee nel campo dei diritti umani. I diritti umani costituiscono un ramo a se stante dell’enorme albero del diritto internazionale costituito dalle norme che regolano la vita della comunità internazionale. Per lungo tempo gli unici soggetti destinatari delle norme dell’ordinamento internazionale (i.e. soggetti di diritto), sono stati gli Stati; la prima grande elaborazione di norme destinate a tutelare i diritti degli individui, considerati esseri umani in quanto tali, può essere considerata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (UDHR) del 1948 [2].

La UDHR non è vincolante, cioè non è di per sé un trattato (che può essere considerato come un contratto tra gli Stati firmatari) che impone delle sanzioni alle parti che non lo rispettino, tuttavia ha avuto un portato simbolico enorme, con la nascita di numerosi trattati nell’ambito dei diritti umani. Da allora hanno preso forma numerosi trattati (detti anche convenzioni) i cui contenuti hanno delineato l’insieme di norme cui ci riferiamo quando, nella lingua quotidiana, si parla di diritti umani: tra questi la Convenzione per l’Eliminazione delle Discriminazioni Raziali (ICERD, 1969), la Convenzione sui Diritti Civili e Politici (ICCPR, 1966), la Convenzione per i Diritti Economico, Sociali e Culturali (ICESCR, 1966), La Convenzione per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne (CEDAW, 1979), la Convenzione contro la Tortura (UNCAT, 1984), la Convenzione per i Diritti del Bambino (UNCRC, 1990), la Convenzione per i Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD, 2006) e la Convenzione sulle Sparizioni Forzate (ICPPED, 2006). Ognuna di queste convenzioni segna una tappa evocativa di traumatiche e feroci esperienze storiche o di assimilazione di principi morali fondamentali, che debbano oltrepassare i confini per proteggere ogni individuo indipendentemente dalla sua condizione sociale, giuridica o economica, e solo ed esclusivamente per la forma universale di essere umano.

Madri di Plaza de Mayo protestano contro le sparizioni forzate di figlie e figli attivisti (desaparecidos), 1980. Fonte: https://www.abuelas.org.ar

In generale nel diritto internazionale ci sono diversi tipi di norme, che discendono da quelle che sono dette le “fonti del diritto” (l’immagine è quella di diverse sorgenti che contribuiscono allo stesso fiume, il diritto). Le norme scritte, le cui formulazioni specifiche, dette dispositivi, sono contenute in trattati, costituiscono un corpus immediatamente accessibile, concertato tra gli stati che aderiscono ai trattati. Le norme consuetudinarie sono anch’esse fonti del diritto e hanno pari importanza delle norme scritte, e sono invece caratterizzate da due elementi: il primo è la pratica diffusa e consolidata tra gli Stati della comunità internazionale, il secondo è l’accettazione di tale condotta da parte degli stessi Stati come obbligatoria, perché afferente a un principio cardine da rispettare. Talvolta nei trattati viene data forma scritta a norme consuetudinarie (processo di codificazione), e altre volte delle norme contenute in trattati diventano consuetudinarie, cioè obbligatorie anche per Stati che non hanno preso parte a specifici trattati. Un passaggio importante è relativo alle norme di “diritto cogente” (dette di jus cogens): sono norme consuetudinarie cui non è mai, in nessun caso e per nessuna ragione, possibile derogare. Un esempio è il divieto di tortura come norma parte di dichiarazioni e trattati, nonché di una specifica convenzione (United Nations Convention Against Torture, 1984), che è diventata norma di diritto internazionale cogente: questo significa che tutti gli Stati, indipendentemente dai trattati che hanno firmato e ratificato, sono soggetti al divieto di tortura, e che non è mai possibile derogare a tale prescrizione invocando, ad esempio, la presenza di cause di forza maggiore o la tutela di un altro interesse di diritto come, ad esempio, la tutela dell’ordine pubblico.

L’OHCHR prende in considerazione tutto il panorama normativo dei diritti umani e si occupa di monitorarne le violazioni, di valutarne la gravità e di svolgere un lavoro detto di advocacy, orientato al sostegno di un dibattito pubblico informato e consapevole. Si tratta di un lavoro enorme, ma che è stato ritenuto fondamentale dagli Stati stessi, che hanno firmato e ratificato convenzioni, finanziato e sostenuto gli organi di monitoraggio, nella consapevolezza che la tutela dei diritti umani costituisca un obiettivo fondamentale, un imperativo morale cui non si può rinunciare. L’OHCHR mette in atto un monitoraggio costante dei Paesi delle Nazioni Unite, e costituisce dei corpi indipendenti di esperti nel campo dei diritti umani per il monitoraggio sotto una prospettiva tematica specifica, oppure concentrati su Paesi in cui la situazione dei diritti umani è particolarmente precaria, le cosiddette special procedures [3].

 

Il documento

Tornando alla lettera inviata al Governo Italiano per tramite dell’ambasciatore Cornado (il cui testo può essere scaricato da qui: https://cloud.eigenlab.org/s/76jKQ9M7FSD8xAL ), si tratta di una comunicazione congiunta di 6 mandati tematici delle special procedures [4], tra cui quello sui migranti, quello sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relative intolleranze, quello sulla tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti e quello sul traffico di esseri umani. Ognuno di questi temi è coinvolto nelle decisioni che sta prendendo il Governo, e la lettera svolge in maniera approfondita un’analisi dettagliata delle motivazioni. Di seguito si utilizza la stessa suddivisione per argomenti adottata nel documento dell’OHCHR. Viene ripresa la suddivisione per punti della lettera, e le citazioni dai documenti sono riportate nel virgolettato.

Criminalizzazione di organizzazioni civili che intraprendono operazioni di ricerca e salvataggio.

L’articolo 1 della bozza del dl sicurezza bis prevede una sanzione amministrativa “del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati”, con la sospensione della licenza di navigazione nel caso di comportamenti ripetuti, per le navi che procedano a operazioni di soccorso e recupero di migranti e che non si attengano anche a una sola delle istruzioni operative emanate dalle autorità. Il riferimento è esplicitamente rivolto alle navi di Organizzazioni Non Governative (ONG) che portano avanti operazioni di ricerca e salvataggio in mare dei migranti, e ai recenti bracci di ferro sostenuti dal Ministro degli Interni con dichiarazioni in merito alla chiusura dei porti [5].

Nel documento dell’OHCHR viene espressa profonda preoccupazione per l’operato del Ministro dell’Interno che, attraverso documenti ufficiali [6], ha accusato l’ONG di favorire l’immigrazione clandestina, senza che queste affermazioni fossero confermate da alcuna autorità giudiziaria competente. Questo configura, secondo l’organo ONU, un “tentativo politico di criminalizzare le operazioni di ricerca e salvataggio portate avanti da organizzazioni civili”, portando a un’intensificazione del “clima di ostilità e xenofobia contro i migranti”. Inoltre, le Direttive emanate dal Ministro, sebbene abbiano come principale bersaglio le ONG, potrebbero avere un effetto negativo su qualsiasi altra imbarcazione (mercantile o pescherecci), con il rischio che queste diventino progressivamente riluttanti nelle operazioni di salvataggio dei migranti.

Operazione di salvataggio portata avanti dall’ONG Sea-Watch nell’ambito della missione Sea-Watch 3.

Sul diritto alla vita e l’assenza di riferimento a standard di diritti umani nella Direttiva

Le operazioni di ricerca e soccorso (conosciute con l’acronimo SAR, search and rescue), costituiscono un tassello importante nell’ambito del diritto del mare [7], e trovano un’esplicita formulazione anche all’interno della Convenzione di Montego Bay delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1984 (UNCLOS), concepita dopo un lunghissimo sforzo di elaborazione congiunto tra la maggior parte dei paesi delle Nazioni Unite per dare una forma scritta alle norme consuetudinarie già vigenti in materia. La UNCLOS configura le operazioni SAR come “obbligo di prestare soccorso”: ogni Stato deve richiedere al capitano di una nave battente la sua bandiera di prestare soccorso a “ogni persona trovata in mare in condizioni di pericolo”, e stabilisce anche l’obbligo di “procedere il più velecemente possibile al soccorso della persona in difficoltà”, e che questo sforzo deve essere portato avanti con l’impiego di tutti i mezzi ragionevoli a disposizione. In particolare la lettera ricorda che l’articolo 98 cosituisce una norma di diritto consuetudinario, che si applica “a tutte le zone marittime e a tutte le persone in pericolo, senza discriminazione” e che riguarda “tutte le navi, incluse le imbarcazioni private e delle ONG battenti bandiera dello Stato”.

In questo senso, il rischio che la Direttiva ministeriale possa generare un atteggiamento di riluttanza di fronte alle operazioni di soccorso genera una preoccupazione riguardante il “fallimento nel prendere in dovuta considerazione gli obblighi di diritto internazionale dei diritti umani”, tra cui un obbligo non derogabile di “rispettare e proteggere il diritto alla vita” [8]. Il motivo di tale preoccupazione sta nel fatto che le operazioni SAR, perché sia garantito il diritto alla vita, non possono mai configurare una violazione di qualsiasi norma nazionale dal momento che “il diritto alla vita deve prevalere su ogni legge nazionale ed Europea, accordi bilaterali, memoranda d’intesa a ogni altra decisione politica o amministrativa atta a «combattere l’immigrazione clandestina»” [9]. Inoltre, non può valere nemmeno la prevalenza del contrasto al traffico di esseri umani, dal momento che gli obblighi relativi ai diritti umani sono oggetto di specifiche clausole di salvaguardia nel protocollo specifico alla Convenzione contro il Crimine Transnazionale Organizzato (UNTOC, 2000) [10]. In aggiunta, tale rischio diventa particolarmente grave dal momento che gli attori umanitari come le ONG sono indispensabili nelle operazioni SAR, dato che il governo italiano “non sta fornendo adeguatamente dei meccanismi di ricerca per proteggere la vita [in mare]” [11].

Sulla stigmatizzazione dei migranti in pericolo e sulla negazione del loro diritto d’asilo e di essere riconosciuti come vittime di traffico di esseri umani

Il documento fa ancora riferimento alla Direttiva ministeriale evidenziando che la giustificazione apportata per la chiusura dei porti, vale a dire il pericolo “per l’ordine e la sicurezza pubblica”, nonché il richiamo allo status irregolare e all’esistenza di concreti rischi apportati da potenziali terroristi o altri individui pericolosi nascosti tra i migranti, non sono suffragati da alcuna informazione fattuale, studi qualitativi o quantitativi. La contraddizione portata alla luce sta nella coincidenza del soggetto che invoca il principio di difesa dell’ordine pubblico di fronte a norme del diritto internazionale e il soggetto che dovrebbe stabilirne l’accertamento. Inoltre, non può essere addotta, come fatto nella Direttiva, la mancanza di documenti dei migranti per derogare agli obblighi riguardanti le attività di soccorso in mare, dal momento che la stessa Convenzione del 1979 sulla Ricerca e il Soccorso in Mare al paragrafo 2.1.10 stabilisce che tali obblighi siano indipendenti “dalla nazionalità o dallo status di ciascuna persona nelle circostanze in cui questa è stata trovata”. In particolare, viene richiamato un Commento Generale del Comitato Internazionale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che stabilisce un principio di non discriminazione riguardo alla protezione del diritto alla vita, “incluse persone sospettate o condannate per i crimini più gravi” [12].

Manifestazione per l’apertura dei porti a Lampedusa (Marzo 2019). Fonte: https://livesicilia.it/2019/03/19/nave-mare-jonio-lampedusa_1044727/

La preoccupazione, secondo il documento, è che la Direttiva si concentra in maniera esclusiva sulla sicurezza e la lotta ai trafficanti, mistificando le soggiacenti obbligazioni in tema di diritti umani stabilite dalla stessa Convenzione delle Nazioni Unite contro il Crimine Organizzato Transnazionale e i suoi due Protocolli. Inoltre, viene messo in evidenza come l’obiettivo della lotta ai trafficanti è totalmente strumentale all’irrigidimento delle politiche di immigrazione, che contribuisce in prima istanza solamente a “esacerbare le vulnerabilità dei migranti e, di conseguenza, a favorire il traffico di esseri umani, anziché contrastarlo e proteggere le sue potenziali vittime”.

Per quanto riguarda lo status irregolare, il diritto internazionale stabilisce, secondo la norma consuetudinaria derivata dall’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che l’accertamento di una richiesta di asilo non può avvenire in mare, ma in un posto sicuro e dignitoso, come stabilito anche dal già citato articolo 98 della Convenzione di Montego Bay sul Diritto del Mare, proprio per evitare che un respingimento dovuto a considerazioni insufficienti o errate possa comportare il rimpatrio e il rischio di gravi violazioni di diritti umani per una persona avente in realtà diritto all’asilo politico. Il Documento non risparmia alcuna considerazione riguardo alla condotta portata avanti dal Governo Italiano con gli accordi che prevedono il respingimento verso il territorio libico, che configura una violazione del diritto d’asilo, in quanto “la Libia non può essere considerata un posto sicuro per lo sbarco dei migranti” a causa dell’ampia documentazione riguardante “abusi di diritti umani, incluso il traffico di persone, la prolungata detenzione arbitraria in condizioni disumane, tortura e maltrattamenti, uccisioni illegali, stupri e altre forme di violenza sessuale, lavori forzati, estorsioni e sfruttamento”. A causa del “ben documentato pattern di abusi dei diritti umani” e dalle dinamiche di traffico di esseri umani subite dai migranti che transitano per la Libia, questi ultimi devono essere già identificati come “vittime o potenziali vittime di tratta”. In questo senso l’argomentazione del documento è orientata a stabilire quelle condotte che, portate avanti da uno Stato costiero, rendono impossibile il rispetto dei più fondamentali diritti umani da parte di quest’ultimo.

Sulla mancanza di considerazione del principio di non respingimento (non-refoulement)

Quello del “non respingimento” è un principio fondamentale del diritto internazionale e consiste nel divieto per un paese di rimpatriare qualsiasi persona verso paesi dove potrebbe subire gravi violazioni di diritti umani come tortura, trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti, violenze sessuali, discriminazione razziale, religiosa o etnica. Si tratta probabilmente di una norma di diritto internazionale cogente e, in tal caso non sarebbe ammessa deroga. In Europa si tende verso un’interpretazione sempre più rigida del “non respingimento”, che va verso il suo riconoscimento in una norma di diritto cogente [13], dove la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è l’organo giudiziario competente per le norme vincolanti stabilite nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (ECHR, 1950). La ragione dell’importanza di tale principio risiede nella considerazione logica per cui, se uno Stato usa la propria forza per respingere un individuo verso un Paese dove è ragionevole pensare che subirà gravi violazioni di diritti umani, tale Stato non può avere correttamente adempiuto alle sue obbligazioni in materia di rispetto dei diritti umani. Se non ci fosse il principio di non respingimento, l’intero castello dei diritti umani subirebbe danni fondamentali, vedendo incrinate le fondamenta.

Il Documento fa riferimento al supporto materiale e finanziario fornito dal Governo Italiano e dall’Unione Europea alle operazioni di ricerca e soccorso della guardia costiera libica, portate avanti sempre più in acque internazionali, che si concludono con il trasporto in Libia dei migranti. Diverse inchieste hanno sottolineato che questa dinamica ha portato a un aumento delle detenzioni nelle carceri libiche, e che queste operazioni si sono svolte spesso di concerto con le reti dei trafficanti, presentando anche episodi gravissimi di violazione di diritti umani, incluso “l’affondamento deliberato di imbarcazioni con l’utilizzo di armi da fuoco”. La chiusura del documento riporta una serie di punti formali come, ad esempio, la richiesta di dati relativi ai flussi migratori e alla correlazione con il rischio di terrorismo e la procedura e le garanzie di pubblicità delle eventuali risposte fornite dal Governo all’OHCHR.

 

Conclusioni

L’OHCHR, per mezzo del coordinatore delle special procedures ha rivolto al Governo Italiano degli interrogativi di estrema importanza nell’ambito della valutazione della qualità delle democrazie. Le preoccupazioni espresse dall’organo riguardano temi particolarmente sensibili come il diritto alla vita, il rispetto del divieto di tortura o il divieto di discriminazione, e costituiscono valutazioni che un qualsiasi Governo dovrebbe prendere in seria considerazione. Si è cercato, in questo breve testo, di raccogliere gli elementi essenziali alla comprensione delle valutazioni che ha racchiuso nella lettera al Governo Italiano un organo come l’OHCHR, voluto dalla Comunità Internazionale per mezzo di una decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per svolgere un ruolo di tutela dei diritti umani.

L’operato di questo governo ha innegabilmente segnato un cambiamento radicale nei discorsi affrontati all’interno del dibattito pubblico. Un occhio esterno può darci il vantaggio di cercare di capire se, dietro agli slogan del “prima gli italiani”, al disprezzo per il dibattito sul reato di tortura [14], al braccio di ferro contro le ONG, all’insulto, la ridicolizzazione e l’intimidazione di ogni forma di opposizione [15], si celi una dinamica che può mettere a repentaglio i presupposti fondamentali di una società democratica, libera e antifascista[15b]. Quella società che i nostri nonni e bisnonni hanno costruito nella lotta partigiana e nelle lotte per i diritti nell’Europa sopravvissuta alla violenza sconfinata e alla devastazione nazifascista, al sangue versato sui monti, la perdita di interi paesi negli eccidi lungo la linea gotica, la deportazione nei campi di concentramento. I diritti umani come li conosciamo oggi noi tutte e tutti sono il frutto della voglia di riscatto e di regalare ai posteri un futuro in cui non ci sia posto per la disumana violenza di quei fascismi che custodiscono nella modalità di pensiero e di azione la negazione della vita e della dignità di altri esseri umani, in difesa di un principio identitario stabilito da un confine, da una religione, da un’appartenenza etnica o da una presunta superiorità culturale.

Partigiane a Firenze in festa il 25 aprile 1945. Fonte: http://www.minimaetmoralia.it/wp/30682-2/

Parlare oggi di fascismo non è allora obsoleto, ma è più necessario che mai, perché è proprio il luogo dove sono racchiusi tutti i pericoli e le tragedie, la sofferenza, la violenza, la morte e il dolore che gli ultimi decenni hanno cercato di spazzare via dalla storia costruendo le società, ancora imperfette e piene di sfide da affrontare sul piano sociale, politico e culturale, in cui abbiamo vissuto fino ad oggi. Chi sostiene che il fascismo non sia più un discorso attuale [16] lo fa perché non può considerarsi antifascista, non può fieramente ripudiare il carico di veleno e odio per la comunità degli esseri umani tutti che necessariamente affiorano in una società che non si definisca antifascista. È necessario allora lottare con tutte le nostre forze. Pochi giorni fa una docente è stata sospesa dal suo incarico perché i suoi studenti avevano elaborato un lavoro di confronto tra alcuni aspetti relativi all’emanazione delle leggi razziali e alcuni elementi del decreto sicurezza [17]: è stato compiuto un atto di intimidazione, volto a negare la possibilità di affrontare un dibattito critico sull’operato del governo. È necessario allora opporci e protestare. La polizia e i vigili del fuoco vengono utilizzati dal potere per rimuovere nelle nostre città striscioni che esprimono una semplice opinione [18]. È necessario allora dimenarci e far sentire la nostra voce. Stiamo accettando che un capo di partito, nelle vesti di Ministro della Repubblica, schernisca e derida chi manifesta un pensiero critico [19]; e questo è sì un parallelo con tutte le dittature dove, al contrario delle dinamiche democratiche, invece di essere il popolo a deridere il potere è il potere, nella sua posizione di monopolio della forza fisica, a deridere le minoranze. È necessario alzare la voce, riconoscere i nemici e combatterli. L’esclusione della casa editrice Altaforte, di posizioni politiche dichiaratamente fasciste, dal Salone del Libro di Torino è stata considerata una limitazione della libertà di espressione [20], quando la pregiudiziale antifascista è il presupposto necessario per la libera espressione. È necessario far saltare le contraddizioni e gli stravolgimenti della logica. La bozza del dl sicurezza bis prevede un inasprimento delle pene per ogni riunione non autorizzata, contribuendo di fatto a limitare la libertà di manifestazione, nella misura in cui le autorizzazioni vengono concesse in maniera sempre più arbitraria; il lancio di un uovo durante una manifestazione o l’accensione di un fumogeno possono essere puniti con 4 anni di carcere, senza condizionale [21]. Un esempio lampante e sconcertante della situazione riguarda Pisa, dove gli organizzatori del Canapisa sono stati oggetto di un attacco politico violento da parte dell’amministrazione comunale e del Ministro dell’Interno leghisti solamente sulla base delle loro legittime opinioni: il risultato è stato un corteo negato, quando per 19 anni si è svolto in completa tranquillità senza alcun danno o violenza. Si tratta solo di un esempio dell’atteggiamento intimidatorio, vessatorio e autoritario che questo Governo sta instaurando nel Paese e i suoi alleati neofascisti vogliono costruire in Europa [22]. È necessario resistere, ricacciare il fascismo, isolarlo e annientarlo nelle urne, nelle piazze, nei discorsi, nella pratica quotidiana.

Vittorio Arrigoni. Besana in Brianza, 1975 – Gaza, 2011.

È necessario lottare, scendere nelle piazze, costruire un discorso antifascista, antirazzista e antisessista che non lasci spazio a chi si prende gioco dei principi fondamentali della vita democratica, a chi non riconosce a piena voce la necessità di essere antifascisti per un mondo libero da oppressione, sfruttamento, barbarie.

Stiamo uniti, restiamo umani.
Tenaci e contro.

Le ragazze e i ragazzi di eigenLab
A chi non è disposto a rinunciare alla libertà e alla democrazia.
A tutte le compagne e i compagni incontrati lungo la strada.
A chi lotta contro la repressione di ogni potere cieco e fascista.

Note

[1] Tecnicamente si tratta dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), dipartimento del Segretariato delle Nazioni Unite costituito nel 1993 per decisione dell’Assemblea Generale. Per informazioni, consultare il sito ufficiale https://www.ohchr.org.
[2] In realtà, già la prima Convenzione di Ginevra del 1864 costituiva il primo riferimento agli individui come soggetti di diritto internazionale nell’ambito del diritto internazionale umanitario, orientato alla protezione dei civili in tempo di conflitto armato. Per quanto riguarda i diritti umani, prima della Seconda Guerra Mondiale, nel 1919, era già stata fondata l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (https://www.ilo.org), allo scopo di promuovere le condizioni lavorative di donne e uomini all’interno del diritto internazionale.
[3] Dal 1 agosto 2017 sono attivi 44 mandati tematici e 12 mandati per Paesi specifici. Per più informazioni sulle special procedures, consulta la pagina relativa: https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/SP/Pages/Welcomepage.aspx.
[4] Si tratta di: the Special Rapporteur on the situation of human rights defenders; the Independent Expert on human rights and international solidarity; the Special Rapporteur on the human rights of migrants; the Special Rapporteur on contemporary forms of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance; the Special Rapporteur on torture and other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment; and the Special Rapporteur on trafficking in persons, especially women and children.
[5] Il riferimento esplicito è rivolto alle vicende che hanno riguardano la nave Mare Jonio dell’ONG Mediterranea Platform, cui è stato di fatto impedito di accedere ad acque territoriali e porti italiani. La nave trasportava 50 migranti soccorsi fuori dalle coste libiche in condizioni meteorologiche difficoltose per la navigazione, dunque in pericolo di vita. In seguito alla nave è stato concesso l’accesso, e la Guardia di Finanza ha sequestrato la bandiera e aperto un’indagine con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
[6] Si tratta della Direttiva del ministro dell’Interno numero 14100/141, il cui testo è scaricabile da qui ( https://cloud.eigenlab.org/s/xZSk6sooJc4ErgQ ).
[7] In particolare esiste una specifica Convenzione sulla Ricerca e il Soccorso in Mare (1979). Le attività SAR costituiscono anche oggetto di lavoro di numerosi Comitati costituiti nell’ambito del cosiddetto diritto internazionale dei disastri, come l’International Search and Rescue Advisory Group (INSARAG).
[8] Viene fatto esplicito riferimento all’articolo 6 della Convenzione Internazionale per i Diritti Civili e Politici (ICCPR, 1966) ( https://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/ccpr.aspx ). In particolare, il diritto alla vita costituisce l’ovvio prerequisito essenziale per il godimento di tutti gli altri diritti umani.
[9] Ci si riferisce, tra gli altri, all’accordo tra Italia e Libia firmato il 2 febbraio 2017 ( https://www.amnesty.it/italia-libia-un-anno-laccordo-sullimmigrazione/ ).
[10] Le due clausole recitano: “Nothing in this Protocol shall affect the other rights, obligations and responsibilities of States and individiauls under international law, including international humanitarian law and international human rights law and, in particular, where applicable, the 1951 Convention and the 1967 Protocol relating to the Status of Refugees and the principle of non-refoulement as contained therein” (http://www.unodc.org/unodc/en/organized-crime/intro/UNTOC.html ).
[11] L’attuale erede dell’Operazione Mare Nostrum, portata avanti tra l’ottobre 2013 e l’ottobre 2014 dalla Marina e dall’Aeronautica Militare, è l’operazione Themis, un’iniziativa portata avanti dall’agenzia europea di vigilanza dei confini (Frontex), che attualmente presenta una linea di pattugliamento di 24 miglia dalle coste italiane, un arretramento rispetto alle linee di 30 miglia dell’operazione Triton e al raggio d’azione esteso alle acque internazionali fino alla costa libica per Mare Nostrum ( https://www.panorama.it/news/oltrefrontiera/operazione-themis-tutto-quello-che-ce-da-sapere/ ).
[12] Si tratta del Commento Generale No. 36 all’Articolo 6 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (CCPR/C/GC/36, https://tbinternet.ohchr.org/Treaties/CCPR/Shared%20Documents/1_Global/CCPR_C_GC_36_8785_E.pdf ).
[13] Vedi, ad esempio, il caso Hirsi Jamaa and others v. Italy (2012), http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-109231.
[14] Salvini ha sostenuto a più riprese la non necessità dell’introduzione del reato di tortura, richiesta dalla Costituzione Italiana all’articolo 10, che prevede la conformità alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute quali, appunto, la norma di diritto cogente relativa al divieto di tortura ( https://www.repubblica.it/politica/2015/06/25/news/salvini_no_al_reato_di_tortura_-117679348/ ).
[15] Nonostante sia una costante, si può riportare, ad esempio https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13358026/matteo-salvini-maglietta-rossa-peccato-non-ne-ho-trovata-una-in-casa.html.
[15b] Si tratta del disprezzo per la democrazia: “Today’s fascists are rather different, with their open-necked shirts and social media profiles. Yet the philosophy is identical. There is the same contempt for democracy, nowadays labelled «the Establishment».” https://www.independent.co.uk/voices/italy-fascist-policies-march-rome-matteo-salvini-donald-trump-a8586711.html
[16] https://www.iltempo.it/politica/2015/03/14/news/salvini-lantifascismo-e-superato-970491/
[17] https://www.orizzontescuola.it/docente-sospesa-a-palermo-fcl-cgil-bussetti-ritiri-immediatamente-sospensione/.
[18] A Brembate (BG) i Vigili del Fuoco hanno rimosso uno striscione che recitava “Qui non sei benvenuto”. Salvini non può evitare di assumersi la responsabilità di un tale atto di intimidazione e limitazione della libertà di espressione ( https://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/salvini-brembate-vigili-striscione-non-benvenuto-3037135/ ).
[19] Ad esempio, https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13431761/matteo-salvini-deride-roberto-saviano-berretto-sardo.html.
[20] Il responsabile della casa editrice, vicinissimo ai neofascisti picchiatori di Casapound, non esita a dichiararsi fascista ( https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/05/06/news/polacchi_dell_ditrice_altaforte_si_sono_fascista_mussolini_il_miglior_statista_italiano_-225594832/ ).
[21] In realtà il dl sicurezza bis è un progetto chiaramente autoritario: vengono introdotte nuove pene, innalzate quelle già esistenti con l’obiettivo di escluderle dal regime della condizionale. La formulazione della fattispecie relativa al lancio di oggetti imbrattanti ha un carattere estremamente ampio che potrebbe prestarsi ad un’arbitrarietà a nostro avviso incompatibile, in un ordinamento democratico, con la severità delle pene previste.
[22] Vedi, ad esempio la riforma di stampo autoritario della Costituzione Ungherese del 2013, https://www.ilpost.it/2013/03/11/la-riforma-della-costituzione-in-ungheria/.

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