L’orto è vivo e lotta insieme a noi!

Vi state chiedendo che fine ha fatto l’eigenOrto? Per fortuna è ancora vivo e rigoglioso, nonstante oltre alla corrente ci sia stata tolta anche l’acqua, e continua a regalare gioie a chiunque attraversi lo spazio.

Questo autunno abbiamo seminato fave, cipolle, agli, broccoli e cavoli neri, cime di rapa, carote e rapanelli, e, per ora, sta andando tutto molto bene. Abbiamo utilizzato quasi del tutto semi autoprodotti.

Durante quest’anno sono cresciuti tantissimo gli alberelli che sono stati piantati nel corso del tempo e ci sembrano in ottima salute: l’amareno ci ha sorpreso, oltre per la sua bellissima fioritura primaverile e le buonissime amarene, con due piccoli figlioletti che sono nati poco distanti. Sono pronti anche altri alberi germogliati questa primavera, che verranno trapiantati l’anno prossimo, con l’arrivo del caldo.

Cime di rapa (autunno/inverno2019)

Nel corso dell’anno passato senza elettricità abbiamo avuto modo di riflettere su come vogliamo continuare a gestire questo pezzetto di terra sottratto all’abbandono dell’Università. Il nostro scopo non è fare un orto solo per produrre cibo per chi ci lavora, quanto piuttosto fare in modo che l’area si riprenda al meglio possibile: in questo spazio, infatti, molti anni fa c’era una sorta di area di parcheggio e sotto lo strato di circa 30/40 cm di terra c’è ancora del cemento, asfalto dissestato e altri ammassi di materiale di riporto probabilmente riversati in quella zona dopo i lavori di ammodernamento dell’area ex Marzotto. È grazie al lavoro autorganizzato dei ragazzi e delle ragazze di eigenLab e di tante altre persone durante i nove anni di occupazione se ora invece di una palude e di un terreno arido e incolto  – a causa

Pancale con cipolle e fave (autunno/inverno 2019)

dell’installazione di griglie di plastica pensate per impedire la fioritura di arbusti e piante che non fossero semplice erba – esistono un giardino fiorito e un orto urbano autogestito in Università. Questo lavoro ha permesso un graduale ripristino di vitalità in quel piccolo ecosistema, tant’è che ora si possono trovare le piante e gli insetti più disparati, per esempio delle meravigliose orchidee spontanee nate qualche anno fa che continuano a propagarsi di anno in anno.

Una delle orchidee spontanee nate nell’eigenOrto, appartenente al genere Serapias (primavera/estate 2019)

Per il futuro vorremmo continuare ad arricchire la biodiversità che si sta creando, mantenendo anche quelle che vengono comunemente definite erbacce che in realtà sono delle bellissime erbe spontanee che contribuiscono ad aggiungere colore per gli insetti e nutrimento per la terra. Questa primavera ed estate abbiamo anche fatto andare a fiore vari ortaggi in modo da raccogliere i semi per l’anno successivo e abbiamo visto che l’esperimento sta riuscendo con successo, stiamo accumulando tantissimi semi e stiamo organizzando lo spazio per una catalogazione ordinata di tutto quello che abbiamo raccolto.

Un maestoso broccolo in fiore (primavera/estate 2019)

Dove l’Università ha fallito, malgrado anche i tentativi di organizzare orti istituzionali all’interno delle facoltà, un gruppo di persone, “against all odds”, ha trasformato un terreno da infertile ed inospitale ad accogliente e ricco di biodiversità, dimostrando che l’autogestione è un sistema più efficace, che porta le persone a impegnarsi in un progetto collettivo e autodeterminato e ad agire sul presente, senza chiedere nulla in cambio, che sian soldi o pacche sulla spalla, evidentemente un modo di fare inspiegabile ai piani alti. Noi pretendiamo di poter esistere nella nostra indipendenza e invece, in un momento di carenza di spazi, siamo sotto attacco. Non importano tutti i progetti realizzati nel corso del tempo solo perché non sono inseriti all’interno dell’università-azienda [1].
Questa esperienza al momento è in pericolo, diciamo pure che è sotto sgombero, perché queste attività non sono gradite a chi sta al potere. Mentre l’Università si fa bella aderendo agli scioperi del clima e cerca di darsi una ripulita all’insegna del “green installando due fontanelle per 50000 studenti [2], non si fa alcun problema a collaborare con aziende che devastano la terra come Eni [3] e a reprimere un collettivo che si occupa di giustizia climatica da sempre, non solo togliendo acqua ed energia elettrica ma cercando in tutti i modi di ostacolare le iniziative ed il recente progetto per l’installazione di pannelli solari.
Contro questa retorica ipocrita priva di concretezza e veri ideali noi resistiamo ed esortiamo la comunità studentesca a farsi spazio con la pratica dell’autogestione e dell’autorganizzazione, appropriandosi di ciò che l’università lascia all’abbandono o peggio trasforma in una cattedrale nel deserto dopo lunghe “riqualificazioni”.
Note
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