Le responsabilità di chi appoggia il Golden Rice

 Il 22 marzo è uscito un articolo sul sito de Le Scienze intitolato Le responsabilità di chi si oppone al Golden Rice, scritto da David Ropeik.[1] Nell’articolo l’autore accusa diverse organizzazioni ambientaliste – tra cui Greenpeace – di essere fautrici indirette della mancata immissione del riso GM nei paesi in via di sviluppo, e dunque di doversi ritenere responsabili della morte di migliaia di persone a causa di malattie legate alla carenza di vitamina A.
Il tema ha spinto eigenLab ad approfondire la questione e ciò che è emerso è una pressoché totale infondatezza delle tesi sostenute. Da tre anni eigenLab organizza un corso di autoformazione riconosciuto dall’Università di Pisa proprio sulle criticità legate all’uso di piante GM in agricoltura e uno dei professori, Marcello Buiatti, ordinario di genetica presso l’Università di Firenze da trent’anni, ci ha rilasciato un’intervista dove smentisce punto per punto i contenuti dell’articolo.

eigenLab: “Nella prima parte dell’articolo viene spiegato che la Syngenta, multinazionale svizzera specializzata nel mercato dei semi e dei pesticidi e impegnata nella ricerca genomica e biotecnologica, abbia ritirato il Golden Rice, “tecnicamente pronto per la coltivazione”, su pressione “dell’opposizione alla tecnologia GM”.”

Marcello Buiatti: “Questo non è vero. Il Golden Rice fu messo in realtà in commercio, ma poi fu ritirato dalla stessa Syngenta perché il prodotto non adempiva allo scopo di sopperire alla carenza di vitamina A nei paesi in via di sviluppo.”

Infatti, secondo l’autore, nel 2002 il riso “miracoloso” attendeva solo di essere messo in commercio; tuttavia, l’IRRI (International Rice Research Institute) afferma che ci vogliono 13 anni perché una nuova coltura geneticamente modificata venga effettivamente immessa sul mercato e che i lavori sul Golden Rice sono iniziati nel 2006.[2]
Allora cosa è stato ritirato dal mercato? E cos’era “tecnicamente pronto“? La risposta alla seconda domanda è evidentemente “niente”: infatti il riso a cui si riferisce l’articolo era solo un prototipo che risale al 1999, [2] inadeguato per fornire sufficiente vitamina A.
Nel 2005 è uscito un articolo in cui si mostrava che la quantità di beta-carotene (che non è vitamina A, ma è strettamente legato alla sua produzione) prodotta dal prototipo era di 1,6 ug/g [3] e la razione giornaliera raccomandata è di circa 800 ug/giorbayer-riso-ogmno,[4] dunque occorreva mangiare mezzo chilo di riso al giorno a persona (per bambini da 1 a 8 anni circa la metà). Bisogna però tener conto anche di altri fattori: la vitamina A si degrada se esposta alla luce o all’aria, parzialmente anche se cotta [5] e ha bisogno di una dieta equilibrata per essere assimilata (è necessario assumere anche grassi poiché la una vitamina A è liposolubile).[6]
Se questo viene associato al fatto che il Golden Rice è destinato a persone che soffrono di denutrizione, la quantità di riso pro-capite è difficile da stimare. Aggiungiamo il fatto che esistono già varietà locali con alti contenuti di vitamina A [7] e a questo punto la domanda sorge spontanea: perché investire tempo e denaro in questo progetto?

eL: “Dopo aver denunciato Greenpeace e le altre associazioni ambientaliste, David Ropeik parla di diverse varietà geneticamente modificate che potrebbero contribuire alla sicurezza alimentare e ridurre la fame e la morte per fame. Questa dichiarazione però non cita fonti: di che piante stiamo parlando?”

MB: “Non ci sono fonti perché queste fantomatiche piante non esistono. Quello che voglio dire è che dopo esser riusciti a creare mais, cotone, colza e soia GM per resistere ad insetti o pesticidi – forniti, ovviamente, dalle stesse multinazionali che distribuiscono le sementi – i pochi altri esperimenti non si sono mossi in quella direzione.”

Quali sono questi esperimenti? Prendiamone tre a titolo esemplificativo. Il Flavr Savr [8] era un pomodoro modificato affinché deperisse più lentamente dopo essere stato raccolto: questo permetteva di raccogliere il frutto ad uno stato più avanzato, evitando la maturazione artificiale con l’etilene. Poi c’è stata l’Amflora,[9] una patata pensata per abbassare i costi di produzione della carta, tramite l’aumento del contenuto di amido del tubero, a scapito della commestibilità.
Ancora: l’AquAdvantage salmon,[10] un salmone modificato in modo da produrre continuamente ormone somatotropo e che quindi cresce di più e in meno tempo. È chiaro che queste specie, fin dalla loro concezione, non sono pensate per ridurre la fame e la morte per fame, poiché non sono specie di sussistenza. Infatti parliamo di un pomodoro pensato per avere un sapore migliore, di una patata per produrre carta e di un salmone che non diventerà certamente un alimento di base: dunque sembra evidente che la ricerca sugli OGM non sia sostenuta da criteri umanitari. Questa deduzione è suffragata dal fatto che la ricerca sugli ogm “utili” è ferma da diversi anni. [36]

L’articolo de Le Scienze non solo è poco scientifico per l’irreperibilità e infondatezza delle informazioni, ma omette – come gran parte dei media – molte delle problematiche essenziali per comprendere il meccanismo che spinge la ricerca sugli OGM da parte delle multinazionali.
La domanda da cui partire è: a quale bisogno risponde questa ricerca? E di chi è questo bisogno?
Ma soprattutto: che cos’è un Organismo Geneticamente Modificato e quali caratteristiche ha?
In poche parole, è il prodotto dell’ingegneria genetica su un organismo affinché esso possieda particolari caratteristiche fisiche, ottenute tramite l’inserzione/delezione/traslocazione di geni nel DNA. La creazione di queste piante ha portato all’idea che queste aziende avessero “creato la vita” e così, con questa convinzione, è avvenuto lo stesso processo che segue, per esempio, la creazione di un nuovo software: è stato approvato un brevetto per quel particolare costrutto genico.
Vorremmo ricordare, però, che l’ingegneria genetica non ha creato la vita, l’ha modificata. La modificazione genetica non può essere considerata un’invenzione, perché altrimenti il passo successivo è terribilmente immediato: siamo tutti brevettabili. Non stiamo parlando di fantascienza: ricordiamo il ”caso Myriad”, in cui nel 2009 venne intentata causa alla Myriad Genetics e la University of Utah Research Foundation per la concessione dei brevetti sui geni umani BRCA 1/2. Fortunatamente la corte si è espressa a sfavore della Myriad, identificando la scoperta dei suddetti geni (implicati nel cancro al seno) non come un’invenzione, ma come, appunto, una scoperta. In quel processo, però, sono state espresse anche dichiarazioni favorevoli alla brevettabilità del DNA isolato: “il DNA isolato viene rimosso dal suo ambiente cellulare nativo e dal suo ambiente cromosomico; inoltre, tale DNA viene manipolato chimicamente in modo da produrre una molecola che è nettamente diversa da ciò che esiste in natura“.[11]

dna
L’annoso problema che si portano dietro le coltivazioni GM è quindi questo: l’esistenza di royalties che il produttore deve pagare all’azienda sementiera, ha portato negli anni alla dipendenza dei paesi in via di sviluppo dalle multinazionali straniere. L’India è un caso eclatante:[12] per 29 tipi di semi di cotone, tutti di proprietà della Monsanto, le aziende indiane devono pagare ingenti somme e il contadino è obbligato a ricomprare le semenze ogni anno, dopo aver accettato il “codice di condotta”. [13] Gli obblighi dell’agricoltore sono diversi:

-non piantare i semi Roundup Ready per la produzione di germogli o semi;
-usare i semi per un singolo raccolto commerciale;
-non conservare semi del raccolto;
-usare pesticidi Monsanto (se se ne usano altri, la multinazionale non si assume  responsabilità);
-pagare tutte le tariffe tecnologiche.

Se queste regole non vengono rispettare, peggio per i contadini: “Monsanto viene a conoscenza, attraverso le nostre proprie azioni o attraverso terzi, degli individui che sono sospettati di violare i nostri brevetti e accordi. Dove riscontriamo violazioni, riusciamo a risolvere la maggior parte dei casi senza neanche una causa legale. In molti casi, gli agricoltori rimangono nostri clienti. A volte, invece, siamo forzati a ricorrere ad azioni legali..[14]

Insomma, i contadini vengono attratti da un cotone più produttivo e le coltivazioni vengono convertite alla produzione di una sola specie; tuttavia gli agricoltori non possono più essere autosufficienti, poiché la semenza è brevettata e dunque devono acquistarla per ogni raccolto. Col passare del tempo le piante autoctone spariscono e i suoli si impoveriscono a causa delle monocolture, per cui i prezzi delle semenze rimaste (cioè quelle GM) salgono e aumenta la richiesta di fertilizzanti (venduti sempre dalle stesse multinazionali). Risultato: contadini privati di terra e semi, come in India.

Citiamo anche l’episodio di Vernon Bowman, un caso molto esplicativo sulla proprietà intellettuale dei semi: dopo aver piantato delle sementi generiche di soia non etichettate Monsanto, destinate alla macinazione o al foraggio, l’agricoltore si accorse della presenza di semi geneticamente modificati a causa della loro resistenza al pesticida RoundUp-Ready. Credendo che il brevetto non fosse più valido, aveva conservato i semi delle piante GM per gli anni successivi. Grave errore. L’azienda sementiera fece causa all’agricoltore dell’Indiana, che è stato multato di 84 000 dollari.[15]

L’introduzione di semi provenienti da una multinazionale milionaria, che siano GM o meno, in regioni la cui sussistenza si basa sull’agricoltura tradizionale, va per forza a svantaggio dei piccoli produttori. La prima conseguenza dell’inserimento di un nuovo tipo di sementi, economicamente più vantaggioso sul breve termine, non lascia scelta all’agricoltore locale, che deve forzatamente abbandonare le vecchie colture per le nuove, con conseguente grave perdita della tipicità della produzione e del valore della sua specificità, fino ad arrivare alla perdita totale di identità di quel prodotto. In India, per esempio, già nel 2009, 8.4 milioni di ettari (rainossia l’87% dei campi coltivabili) furono convertiti a cotone Bt, geneticamente modificato per resistere a vari parassiti del cotone.[16]
La diffusione pandemica delle colture GM, dovuta anche all’influenza governativa di queste aziende (lo scandalo delle famose “revolving-doors” è ormai di dominio pubblico [17]) ha conseguentemente portato ad una forte diminuzione della biodiversità.
Ad oggi ci sono circa 50.000 piante commestibili, 250 da noi utilizzate. La maggior parte di ciò che mangiamo deriva da tre colture: frumento, riso, mais.[18]
Ma visto che il polverone è stato sollevato per il Golden Rice, parliamo di riso: nello Sri Lanka ne esistevano circa 2000 varietà diverse, ora ridotte a un centinaio.[19] Certo, la diminuzione di biodiversità è un problema iniziato prima dell’avvento di colture GM e non stiamo additando queste come unica causa della riduzione delle specie locali, ma il fatto che la loro introduzione abbia impoverito la varietà di piante tipiche è indubbio.
Cosa provoca tutto ciò? Comporta qualche rischio perdere delle specie?
Oltre all’imprevedibile danno ecosistemico derivante dalla perdita di una di esse, la restrizione del pool genetico di una popolazione vegetale (cioè di una specie che vive in un certo habitat) comporta una diminuzione della probabilità di sopravvivenza della stessa in caso di cambiamenti ambientali. Questo è quello che accade, ad esempio, quando si adottano monocolture intensive su scala internazionale.

Per comprendere meglio come può evolvere l’immissione sul mercato di una specie GM, facciamo ora un excursus sui paesi in cui le sementi GM sono le più coltivate, per capire se realmente aumentino il profitto dei coltivatori.
Partiamo dal Sudafrica, dove l’African Centre for Biosafety (ACB) ha pubblicato, nel 2013, un report intitolato “Food Fascism in South Africa: Tiger Brands, Pioneer and Premier Force Feeding the Nation Risky GM Maize[20] in cui viene spiegato come la popolazione locale sia praticamente obbligata a mangiare mais GM, poiché vi è un vero e proprio monopolio alimentare. Nello stesso report si parla anche di profitti: “fra l’aprile 2007 e l’aprile 2013, il costo medio di un sacchetto da 5 kg di farina di mais è aumentato del 43,7% nelle aree rurali, e del 51,8% nelle aree urbane. Questi fortissimi aumenti di prezzo aggravano le condizioni già terribili sotto le quali vivono milioni di sudafricani. Questo è particolarmente significativo per i ceti poveri, che in media spendono il 41% del loro reddito nel “paniere alimentare”“. Questo a causa di cartelli organizzati tra le diverse aziene (Tiger Brands, Pioneer e Premier Foods) per mantenere gli stessi prezzi (alti) per la farina di mais.[21]

Passiamo all‘India, da sempre grande produttrice di cotone e attualmente prima esportatrice mondiale. L’arrivo del cotone Bt ha portato ad una radicale trasformazione agricola, tanto che la superficie dedicata al cotone Bt ha sfiorato il 93% della superficie coltivabile totale nel 2012.[22] Come resistere d’altronde? Viene garantita maggiore produttività (226 dollari in più per acro), minor utilizzo di pesticidi (grazie al gene Bt) e minori costi di mantenimento. Le promesse sono così allettanti che i contadini indiani preferiscono investire su un seme che costa 3 volte di più di uno normale.[23] I profitti, però, non mantengono le promesse di Monsanto, tanto da far cominciare una staffetta di suicidi tra gli agricoltori indebitati. Il fallimento di alcune qualità in particolare hanno portato il governo, nel 2010, a bandire la Mahyco company;[24] il gruppo locale Navdanya ha scritto un report a questo proposito.[25]

Finiamo col Brasile (ma la casistica non si esaurisce qui), con dati aggiornati al 2012, dove si nota una crescita esponenziale nell’adozione di colture GM. La soia resistente al Roundup ricopre l’88% dei terreni in cui si coltiva questa pianta, seguita subito dopo dal mais RR (87.8%) e dal cotone Bt (50.1%).[26]
Nel 2010 viene sospesa la coltura di mais Liberty Link – di proprietà della Bayer – a causa della mancanza di studi di valutazione sui rischi di questo OGM.[27]
Tre anni più tardi i contadini brasiliani subiscono ingenti perdite, quantificate in 10 miliardi di real, a causa del parassita Helicoverpa armigera.[28] Il problema delle colture resistenti agli insetti si rivela fatale: “È vero che le coltivazioni tolleranti agli erbicidi hanno dei benefici iniziali. Portano delle simplificazioni del processo di gestione, che sono importanti e facilitano il lavoro dell’agricoltore. […] A medio termine, ciò che è stato osservato è il contrario: diventa necessario usare sostanze chimiche più forti e più tossiche, con frequenza e intensità maggiore, espandendo i costi e riducendo la redditività dei campi.“. Così spiega Leonardo Melgarejo, ingegnere agricolo, membro dell’INCRA (National Institute of Colonization and Agrarian Reform) in un’intervista a GMWATCH.[29]
Sul lungo termine, quindi, le piante GM per resistere a determinati insetti, necessitano dell’utilizzo spasmodico di pesticidi e diserbanti che, oltre a gravare sulle tasche dei brasiliani, aprono un forte dibattito riguardo all’utilizzo del glifosato (diserbante non selettivo) e alle possibili ripercussioni sulle salute e sull’ambiente.[30][31]

MonsantoTornando alla presunta soluzione alla carenza di vitamina A, ossia il Golden Rice, vorremmo chiarire qualche altro punto.
Se milioni di persone soffrono di deficienze alimentari e altrettante muoiono ogni giorno per malnutrizione, condannare i gruppi ambientalisti per la loro lotta contro gli OGM non solo è un modo insensato di affrontare il problema, ma anche pericoloso: la malnutrizione è figlia dell’ingresso delle monocolture a scala industriale, che ha portato ad una lenta e progressiva diminuzione delle specie vegetali assimilabili dalle popolazioni locali. Tornando al continente indiano, esistono e sono sempre esistite alternative naturali che garantiscono il giusto quantitativo di vitamina A, senza che le persone siano costrette a mangiare riso ogni giorno per tutta la vita.[6] La riduzione di queste colture e l’abbandono di un’eterogenea agricoltura tradizionale in favore di monocolture intensive non sono certo imputabili ai gruppi ambientalisti, ma piuttosto all’arrivo delle multinazionali straniere che hanno espropriato i terreni indiani e convinto i contadini a convertire i loro raccolti.
Il fatto che in America del Sud la quasi totalità del mais e soia coltivati non vadano a sfamare i sudamericani, ma finiscano negli stomaci delle mucche degli allevamenti intensivi in Europa e Cina, è del resto imputabile agli ambientalisti?[32] [33]

La domanda di Beth Hoffman, giornalista che da dieci anni si occupa di cibo e nutrizione, è assolutamente legittima: “Perche stiamo spendendo milioni (miliardi?) di dollari reinventando la ruota quando ne abbiamo gia` diverse funzionanti? Solo perché la scienza può rendere migliore la nutrizione tramite il cibo geneticamente modificato, non significa che dobbiamo farlo per forza.”[34]
Le critiche mosse da Greenpeace sono le stesse, esplicitate nel report sul Golden Rice:[35] “[…]le decine di milioni di dollari investite su questo progetto sarebbero state spese in soluzioni VAD che funzionano. Il golden rice GE è semplicemente un approccio sbagliato e uno spreco di denaro.

Da questa panoramica sul mercato degli OGM e sulla loro ricerca si evince che il problema non concerne solo i danni che possono arrecare direttamente alla salute, ma soprattutto sul fatto che essi alimentano un meccanismo economico, sociale, legale e agronomico perverso e dannoso: consumo del terreno, perdita di biodiversità locale, dipendenza dell’economia di un paese da (poche) aziende estere, denutrizione e malnutrizione di intere popolazioni. E tutto questo per quale bisogno? Il profitto. E di chi? A questo punto dovrebbe essere ovvio.

You cannot solve a problem with the same mindset that has created it.”- A. Einstein

Riferimenti:
[1] http://www.lescienze.it/news/2014/03/22/news/golden_rice_ogm_percezione_rischio_responsabilit_oppositori-2063615/
[2] http://irri.org/golden-rice/faqs/why-has-it-taken-this-long-to-develop-golden-rice
[3] http://www.nature.com.sci-hub.org/nbt/journal/v23/n4/full/nbt1082.html
[4] http://www.iom.edu/Global/News%20Announcements/~/media/474B28C39EA34C43A60A6D42CCE07427.ashx
[5] http://www.inchem.org/documents/pims/pharm/retinol.htm#SubSectionTitle:3.4.3%20Storage%20conditions
[6] {Paragrafo “4. Bioavailability”}: http://gmwatch.org/index.php/news/archive/2014/15255-golden-rice-scientific-realities
[7] http://gmwatch.org/index.php/news/archive/2014/15250
[8] http://cera-gmc.org/index.php?action=gm_crop_database&mode=ShowProd&data=FLAVR+SAVR
[9] http://cera-gmc.org/index.php?evidcode[]=EH92-527-1&hstIDXCode[]=&gType[]=&auDate1=&auDate2=&action=gm_crop_database&mode=Submit
[10] http://www.aquabounty.com/products/products-295.aspx
[11] http://www.unipv-lawtech.eu/il-brevetto-di-geni-umani–il-caso-myriad.html
[12] http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/29/lato-disumano-degli/245041/
[13] http://www.monsanto.com/products/pages/seed-patent-protection.aspx
[14] http://www.monsanto.com/newsviews/pages/why-does-monsanto-sue-farmers-who-save-seeds.aspx
[15] http://www.nytimes.com/2013/02/20/business/justices-signal-a-monsanto-edge-in-patent-case.html?_r=1&
[16] http://www.isaaa.org/resources/publications/biotech_crop_profiles/bt_cotton_in_india-a_country_profile/download/Bt_Cotton_in_India-A_Country_Profile.pdf
[17] http://ivn.us/2013/02/11/the-revolving-door-fda-and-the-monsanto-company/
[18] http://www.fao.org/fileadmin/templates/agphome/documents/PGR/SoW2/Second_Report_SOWPGR-2.pdf
[19] http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=32660&Cr=agriculture&Cr1=#.Uzmdc8k6-pY
[20] http://www.acbio.org.za/index.php/media/64-media-releases/445-food-fascism-in-south-africa-tiger-brands-pioneer-and-premier-force-feeding-the-nation-risky-gm-maize
[21] http://www.acbio.org.za/index.php/media/64/450-m-maize-cartels-gorge-profits-on-sas-poor-eye-african-markets
[22] http://www.nature.com/news/india-investigates-bt-cotton-claims-1.10015
[23] http://ddsindia.com/www/pdf/bt_cotton_-_a_three_year_report.pdf
[24] http://timesofindia.indiatimes.com/india/Maharashtra-bans-Bt-cotton-seeds/articleshow/15420778.cms
[25] http://www.greens.org/s-r/33/33-04.html
[26] http://www.celeres.com.br/post.php?p=65&lang=ptf
[27] http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=11809
[28] http://jcrs.uol.com.br/site/noticia.php?codn=129287
[29] http://gmwatch.org/index.php/news/archive/2013/14851-gmos-have-changed-brazilian-agriculture-for-the-worse-says-agronomist-part-1
[30] http://gmwatch.org/index.php/news/archive/2012/14110-pesticide-use-rises-in-brazil-as-gm-crop-plantings-increase
[31] {pag. 14} www.foei.org/en/resources/publications/pdfs/2011/who-benefits-from-gm-crops-2011
[32] http://www.pdir.dk/Files/Filer/English/Feeding_stuffs/gmoreport_2003.pdf
[33] http://www.fao.org/fileadmin/user_upload/agns/topics/LLP/AGD803_4_Final_En.pdf
[34] http://www.forbes.com/sites/bethhoffman/2013/08/26/why-genetically-modifying-food-is-a-bad-idea/
[35] http://issuu.com/greenpeaceinternational/docs/458_-_golden_illusion-ge-goldenrice/1?e=2537715/5269165
[36] http://agriregionieuropa.univpm.it/content/article/31/22/ogm-e-agricoltura-effetti-socio-economici-nei-paesi-di-sviluppo

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Un commento

  1. Maria Grazia Petronio

    Ritengo che sia fondamentale diffondere informazioni corrette sugli OGM, individuando le vere cause del continuo incremento della povertà e delle disuguaglianze tra Paesi e all’interno dei P. stessi. Fanno presto le multinazionali a lanciare anatemi contro scienziati e associazioni onesti anche perchè è diventato sempre più difficile poter esprimere pareri indipendenti dal “pensiero unico” ispirato dal profitto. Quindi complimenti per l’articolo e a chi come il caro amico Marcello Buiatti contribuisce da anni alla ricostruzione della verità su questo tema.

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