Parte I – Status quo –
Da te sia l’inizio, Febo, a che io ricordi le gesta
degli eroi antichi che attraverso le bocche del Ponto
e le rupi Cianee, eseguendo i comandi di Pelia,
guidarono al vello d’oro Argo, la solida nave.
(Apollonio Rodio, Le Argonautiche, I, 1-4 trad.: G. Paduano)
“Ti è piaciuto 16 volte. È piaciuto a 80 tuoi amici 300 volte. Sono 4 ore che non mangi. Entra a L’angolo della pizza!”
Dev non avverte troppa fame, ma sa per esperienza quanto Argo sia preciso. “Sonia ha deciso che tra circa cinque minuti entrerà a L’angolo della pizza. Ti è piaciuto 16 volte. Perché non entri?”
“Quasi quasi…” pensa, rallentando il passo. “Mi farebbe piacere vederla. E poi fanno la pizza proprio buona.”
Dev è già nel locale, si guarda attorno. “Sono passati almeno otto minuti, lei dov’è?”
Nel frattempo la fila si è allungata, siamo all’ora di punta. D’altronde, con soli 45 minuti di pausa, i lavoratori e tirocinanti di Redspot non possono temporeggiare.
“Eccola che arriva” pensa tra sé e sé.
“Dev!” Sonia saluta timidamente, non sa se superare tutti, decide di restare indietro. “Sapevo che eri in fila! Perché quel post stamattina? Stai male?”
“Non mi sento in forma, ma tranquilla… ho visto il post del nuovo taglio di capelli, ho messo mi piace.”
“Grazie!” risponde lei, in fondo alla fila.
È già il suo turno, e non ha nemmeno controllato gli occhiali, era troppo distratto da Sonia. Quella ragazza gli fa uno strano effetto, ecco perché Argo gli indica spesso i suoi spostamenti.
“Che gusti posso scegliere?”
Davanti agli occhi una serie di risultati. “Marinara, 18 lifecoins. Ti è piaciuta 2 volte” “Mozzarella e zucchine mon132, no pesticidi, 25 lifecoins, ti è piaciuta 32 volte” “Prosciutto trattato con estradiolo, no alimentazione animale, 32 lifecoins, ti è piaciuta 22 volte.”
“Hai scelto, Kyromante?” Gli occhi di Dev si distolgono dal display degli occhiali per guardare la commessa sorridente, e il dispositivo va in stand-by.
“Col prosciutto, grazie.” risponde, ridando un’occhiata davanti a sé, con un sospiro. Ha solo 200 lifecoins ed è appena cominciata la settimana.
“A te. Vuoi altro?”
“No, grazie.”
“La mano, per favore. Pollice o chip?”
“Pollice” risponde, tenendo con una mano la pizza e passando l’altra sul thumbscanner.
“Hai 168 lifecoins. Dì ai tuoi amici com’è la pizza!”
La fila ormai arriva fuori dal negozio. D’altronde è la pizzeria con più mi piace del quartiere.
Dev è concentrato sugli occhiali e si dimentica di Sonia.
Appena superato il locale, gli arriva un messaggio: “Buon appetito Kyromante! ;)”
Dev sorride e arrossisce, “mi piace” sussurra a bassa voce. Il profilo viene automaticamente aggiornato davanti ai suoi occhi.
“In realtà il prosciutto è proprio stantio. Che additivi c’erano?” chiede.
Argo ricerca subito. “Estradiolo, ormone che permette ai maiali di crescere più in salute, in modo da non dover usare antibiotici durante l’allevamento intensivo.”
Gli occhi di Dev guardano in basso e la pagina davanti a sé scorre. “Estradiolo, ormone steroideo formato da quattro anelli ciclici…”
“Bah, in fondo non è male. Mi piace.”
“Ti è piaciuto 17 volte” aggiorna Argo.
La strada per l’ufficio sembra lunghissima a stomaco pieno. Meno male non ci si sente mai soli, con Argo.
Da quando Dev è nato, il governo gli ha fornito degli occhiali, l’iscrizione a vita a sociaLife, il social network ufficiale sponsorizzato da Argo, e un nickname, scelto dai genitori, ovviamente: Kyromante.
I primi occhiali sono gratuiti e ti forniscono una serie infinita di opportunità, oltre che compagnia continua. Con una cadenza costante Argo immette sul mercato nuovi occhiali, ma a Dev non interessa rinnovare i propri. D’altronde, perché farlo se funzionano ancora?
Sin dai primi mesi di vita, tramite i genitori all’inizio, e Dev stesso poi, il sistema Argo ha collezionato, grazie alle sue ricerche, ai suoi mi piace e messaggi, un profilo unico al mondo che permette una pubblicità mirata e continua, quasi piacevole. Come se avessi un amico accanto che ti dà buoni consigli, tutto il giorno, per tutti i giorni della tua vita. Dev ricorda come se fosse ieri la pubblicità di Argo, prima che questa tecnologia entrasse prepotentemente nel mercato. Al tempo Kyromante avrà avuto appena 7 o 8 anni.
“Argo, dal greco αργός, “rapida”, non solo faciliterà la tua vita, ma la migliorerà incredibilmente. Sei pronto ad entrare a far parte degli argonauti? L’avventura comincia tra poco!”
A 18 anni patente, scannerizzazione del pollice, attivazione del thumbwallet e braccialetto con chip carta di credito. Due metodi di pagamento comodissimi che sei sicuro di non dimenticare mai (il braccialetto è impossibile da rompere e da togliere, le tue impronte digitali sono uniche al mondo e impossibili da duplicare).
L’unico grande problema è l’inflazione del lifecoin. A causa dell’instabilità, ormai ventennale, del governo, che nonostante venga eletto democraticamente tramite i mi piace della popolazione non ha mai resistito più di un anno, le leggi sono in continuo cambiamento e non sai mai cosa potrebbe diventare illegale il giorno dopo. È anche per questo che i lifecoins sono soggetti a continue inflazioni o deflazioni e non poche volte Dev si è trovato in difficoltà ad arrivare a fine settimana.
Fortuna che Argo produce praticamente giornalmente applicazioni in più per i propri occhiali che permettono non solo una vita più facile, ma anche di guadagnare qualcosa.
Kyromante per esempio, ha portato come tesi di laurea GreenMe, un’applicazione che ti fa guadagnare lifecoins a seconda di quanto sia verde il tuo stile di vita. È stato un lavoro immenso, durato più di un anno, che gli è valso la lode in ingegneria informatica. Il progetto è sotto il patrocinio del ministero dell’ambiente ed ha riscosso un notevole successo. Ovviamente il guadagno è minimo rispetto ai miliardi di coins che fa Argo scandagliando il lato verde della tua vita, ma è meglio di niente, no?
Si possono guadagnare fino a 50 lifecoins se si decide di usare solo la bici e abbandonare la macchina. 15 lifecoins se si compra solo carta riciclata. 7 lifecoins se si usano filtri per le sigarette non trattati. E così via.
Un’app simile che ultimamente riscuote un successo formidabile si chiama Aiuta la Giustizia. Quasi 100 lifecoins di budget minimo se avvisi le forze dell’ordine di qualche irregolarità; basta pronunciare “aiuta la giustizia” e, se puoi, filmare l’accaduto. La cifra aumenta considerevolmente se il crimine è considerato grave. Dev l’ha scaricata ma non l’ha ancora mai usata, nonostante l’esorbitante numero di commenti positivi e la pubblicità che gli viene propinata ad ogni pausa caffè. C’è qualcosa che non lo convince completamente. Un suo amico aveva denunciato dei ragazzi che scrivevano su di un muretto isolato, solo per guadagnare qualche lifecoin. Qualche giorno dopo, gli era comparsa la notizia che la piccola criminalità era diminuita del 40% dopo la creazione dell’app. Si era tranquilizzato, anche se era ancora restio ad utilizzarla.
“Che ore sono?” Non appena legge la risposta, Dev si rende conto di aver divagato troppo e di essere terribilmente in ritardo. Chissà, forse è Sonia che ha scombussolato la sua giornata. Oppure semplicemente è qualcosa che da un po’ di tempo avverte. È come un senso di inadeguatezza, in una vita che non lo soddisfa a pieno. Dopo anni di studio, lavoretti sottopagati e molta fatica per raggiungere i suoi obiettivi nel minor tempo possibile, si è ritrovato a dover accettare un tirocinio annuale in un’azienda che crea software per i produttori di occhiali, chiamata Redspot. Argo l’ha acquisita anni prima, quando era sull’orlo del fallimento. Ora assume molti giovani come lui. Esistono vari spot, di colori diversi, disseminati per tutta la città.
Argo non ti fornisce solo un lavoro, ma addirittura un posto dove vivere, ad un affitto concorrenziale. Ogni quartiere, a seconda del nome del complesso lavorativo, ha degli appartamenti, chiamati alveari, riconoscibili rispetto a quelli degli altri spot solo dal colore. Questo escamotage è fondamentale per ritrovare la strada di casa, visto che tutti i quartieri sono esteticamente identici. Lui sta tra il Yellowspot e il Greenspot e il suo alveare rosso dista 35 minuti a piedi (secondo i calcoli di Argo) dal lavoro.
L’appartamento ti viene consegnato con il minimo indispensabile per sopravvivere: una piccola cucina, un divano-letto ed un minuscolo bagno. Le pareti sono bianche e senza un orpello, ma questo non è più un problema da almeno un paio d’anni. Grazie all’app Furnish, puoi decidere di decorare la tua casa scegliendo tra migliaia di alternative a prezzi bassissimi. Essendo gli appartamenti tutti della stessa dimensione, Argo sa esattamente quali siano le misure giuste e in questo modo non devi nemmeno bucare il muro con un chiodo. Quadri, lampadari, tappeti, tutto memorizzato in un solo dispositivo, davanti ai tuoi occhi.
Nonostante la fatica fatta per ottenerlo, a Dev non piace il suo lavoro. Soddisfare le richieste dei dirigenti aziendali, quei pezzi grossi che siedono dietro maestose scrivanie in uffici più grandi del monolocale in cui vive, è sempre molto difficile. Perlomeno riesce a racimolare quel tanto che gli permette di sopravvivere. Inoltre, da quando lo hanno assunto, sta mettendo da parte qualcosa per continuare a sviluppare nel tempo libero la sua app. Molti suoi amici hanno guadagnato visibilità e lifecoins grazie allo sviluppo di programmi molto più inutili del suo e sono stati poi assunti da Argo come programmatori importanti.
“Non è possibile – pensa Dev, tra sé e sé – Non posso essere l’unico a cui interessa la sorte del nostro pianeta”. Anche per questo gli sta a cuore GreenMe: è seriamente convinto di poter costruire, nel suo piccolo, l’alternativa. Kyromante pensa a quello che ha letto quasi per caso oramai qualche anno fa: per via della sempre maggiore produzione di dispositivi elettronici, di cui la maggior parte contenenti sostanze tossiche, e della politica di alcune aziende di bruciarli o buttarli in bagni acidi invece di smaltirli, l’atmosfera diventerà un giorno irrespirabile.
Nell’articolo c’era scritto molto di più; peccato non fosse reperibile da un po’. Il governo aveva deciso di bloccare l’accesso al sito che l’aveva pubblicato. Il motivo per cui l’aveva fatto, Kyromante se l’è dimenticato.
Da qualche anno i siti d’informazione indipendenti e i blog avevano vita difficile: basta una segnalazione per una violazione di qualunque tipo, che in 48 ore quel sito venga oscurato, senza contraddittorio. Esistono delle parole chiave, prima tra tutte “Argo”, che se pubblicate, vengono immediatamente controllate. Questo non succede solo per i siti pubblici, ma anche per le conversazioni personali. Argomail, l’unica casella di posta che è possibile installare sui propri occhiali, riceve lo stesso trattamento. Tutte le comunicazioni vengono controllate, Orangespot si occupa proprio di questo. Se anche solo fino a una decina di anni fa una cosa del genere poteva suscitare scandalo, adesso non desta alcuna preoccupazione.
“D’altronde – pensa Dev – cosa mai potrebbero dirmi? Non ho proprio nulla da nascondere. L’unica app che spezza la mia routine è GreenMe. L’ecologia non può certo diventare illegale”.
Mentre pensa a tutto ciò, riceve un messaggio urgente dal responsabile del reparto: “Affrettati, dalla geolocalizzazione dei tuoi occhiali noto che ti manca molto per arrivare in ufficio. Sei in ritardo”.
“Voglio inviare un messaggio”. Dev pronuncia, correndo, le parole in maniera frettolosa e confusa, ma gli occhiali riescono comunque a scrivere e ad inviare il messaggio vocale.
“Sarò lì in un attimo. Mi scusi.”
Si getta su per le scale che portano agli uffici. Non può permettersi di ricevere una nota di demerito per essere in ritardo, sono 10 lifecoins in meno nel thumbwallet. Mentre fa gli scalini a due a due, controlla la casella di posta collegata agli occhiali per accertarsi di non aver perso altre chiamate importanti.
Arrivato quasi in cima, urta senza rendersene conto qualcuno. Dev leva lo sguardo dalla posta. Si trova di fronte ad un ragazzo magro, dalla chioma arruffata e con un sorrisetto smaliziato che lo guarda quasi divertito.
“Attento a dove vai!” esclama il ragazzo.
“Non ti avevo visto, mi dispiace, stavo andando di corsa verso l’ufficio 147. Sto lavorando, sai?”
“Reparto programmazione, eh!? Non ti preoccupare, sono stato appena là e il problema è stato risolto. Anche tu sei un tirocinante?”.
Dev risponde timidamente a quella domanda: “Sì anch’io”. Era stupito da quell’atteggiamento familiare e scherzoso. Da quando era stato assunto, nessuno si era rivolto a lui così. Il ragazzo nel frattempo se ne stava per andare.
Prima che fosse troppo tardi, gli chiede: “Qual è il tuo nickname? Così ti posso aggiungere su sociaLife. Qua dentro non conosco nessuno che non mi guardi dall’alto in basso e mi impartisca ordini. Potremmo conoscerci meglio”.
Il ragazzo fissa Dev con uno sguardo enigmatico. Forse era sorpreso da quella richiesta improvvisa. “Ok, il mio nickname è Qiba. Aggiungimi tu” risponde con un sorriso prima di tornare per la sua strada.
“Strano… – pensa Dev – Nemmeno mi ha chiesto il mio nick”.
La giornata lavorativa segue la solita routine, senza ulteriori intoppi. Non riesce però a togliersi dalla testa l’incontro con Qiba. Quel tipo era proprio strano, non sembrava come tutti gli altri. “Forse è solo un’impressione” pensa Dev, dirigendosi verso il suo monolocale.
Tornato a casa, si collega, come ogni sera, a sociaLife. Aggiunge Qiba agli amici, sicuro di trovarlo online. A malincuore nota che invece è scollegato. Strano. Tutti i suoi amici, parenti e colleghi, passano il loro poco tempo libero collegati al social network più grande del pianeta. È là che la gente può incontrarsi, conoscersi e chattare. È lì che dai il meglio di te. Non è concepibile per Dev passare un’intera giornata senza connettersi nemmeno una volta. Non frequentare regolarmente sociaLife sarebbe come decidere di tagliarsi fuori dalla società. È per questo che i tuoi genitori ti creano un account alla nascita.
Parte II – Metamorfosi –
Appena Dev apre gli occhi si rende conto che la sua stanza non è più la stessa. Il lampadario è scomparso, il muro è completamente bianco.
“Ma io avevo un lampadario…” Dev si guarda intorno: quello che fino alla sera prima era appeso alle pareti, non c’è più. Ma dove è finito tutto? Riappoggia la mano sul comodino, pensando per un attimo di non essersi ancora messo gli occhiali. Ma no, ce li ha addosso.
“Che ore sono?”
Nessuna risposta.
“Ok occhiali, che ore sono?”. Dev lo ripete, questa volta scandendo meglio le parole. Di nuovo nulla.
Si alza di scatto con un brivido lungo la schiena.
“Non è possibile” pensa, ma al tempo stesso non si riesce a dare un’altra risposta. Il sistema ha crashato, gli occhiali non funzionano.
“Non è possibile” pensa ancora, infilandosi i pantaloni di fretta.
“Oddio chissà che ore sono!”
Ormai nel panico fruga nervosamente nel comodino. Suo padre gli aveva regalato un orologio analogico, un pezzo di antiquariato ancora funzionante, e lo aveva messo lì anni prima, sepolto da un mucchio di altro ciarpame. Impiega qualche secondo per capire l’orario dalla posizione delle lancette.
Le 8 e 45. Non riesce a trattenere un gridolino.
Si siede, fa un respiro profondo, fissando la parete bianca di fronte a sé.
“Tranquillo – pensa – oggi è domenica, lavori da casa”. Si guarda nuovamente intorno, come per accertarsi che non stia sognando. Come farà a connettersi al PC senza gli occhiali funzionanti? Tra un quarto d’ora deve essere online. Un ritardo a lavoro, anche di domenica, comporta delle conseguenze che Dev non vuole nemmeno immaginare. Potrebbe perdere molti lifecoins, o addirittura il posto da tirocinante.
Si toglie delicatamente gli occhiali, li esamina. Cosa può essere successo? Ripensa al giorno prima e l’unica cosa che gli torna in mente è la lunga chiacchierata con Qiba e quella bravata di scambiarsi gli occhiali per pochi minuti, durante la pausa caffè.
Erano passati mesi dal loro primo incontro, e col tempo erano diventati buoni amici. Dev non aveva mai conosciuto nessuno come Qiba. Non sembrava avere le aspirazioni delle persone che aveva incontrato fino a quel momento; guadagnare lifecoins attraverso la vendita di un app di successo o lavorare alacremente per poter raggiungere il posto di dirigente erano ambizioni che non gli appartenevano. Era come se guardasse il mondo che lo circondava con occhi diversi da quelli con cui lo vedeva Dev.
“Non pensi che essere connesso costantemente alla rete ed usare gli occhiali dovunque tu vada abbia condizionato la tua vita?” gli chiese un giorno Qiba, quasi dal nulla.
A Dev lì per lì gli sembrò una domanda sciocca.
“Certo, lo faccio perché gli occhiali rendono tutto più semplice. Senza non sarebbe per niente facile essere rintracciabile dagli amici, non potrei condividere con loro i miei momenti felici della giornata, né quelli tristi. Essere connesso mi rende meno solo, in un certo senso. Se mi perdo per strada, Argo mi suggerisce dove andare; se sono indeciso sul locale in cui mangiare, so quali piacciono ai miei amici; se mi annoio, ho sempre qualche app divertente con cui giocare… perché me lo chiedi?”
Qiba ascoltava le parole dell’amico con attenzione e nel frattempo lo fissava con lo sguardo di uno che non sa minimamente di cosa stesse parlando. Eppure glieli vedeva indossare sempre. Ma come faceva a non essere sempre sommerso da notifiche, chiamate o avvisi come invece succedeva a lui? Dev era sempre più perplesso.
C’era solo un modo per sciogliere questo dubbio. Non aspettò nemmeno la risposta di Qiba e chiese di getto: “Vorrei proprio sapere come funziona la tua versione degli occhiali. Ti va di scambiarceli?”
“Meglio di no, Dev”
“Perché?”
“Non voglio immischiarti”
“Immischiarmi in cosa?” Dev cominciava a capire, ma preferiva fosse Qiba stesso a vuotare il sacco.
“Dopo che te lo dico, non si torna più indietro”
“Lo so”
“Va bene” rispose Qiba sospirando, “Ho gli occhiali disattivati.”
“Ma… cosa significa?”
“Stai tranquillo, posso spiegarti tutto”.
Dev era impallidito visibilmente. Nonostante l’avesse intuito, sentirselo dire faceva tutto un altro effetto.
“Vieni a mangiare qualcosa da me stasera, avremmo tutto il tempo per discutere”.
La campanella della fine della pausa pranzo risuonò in quel momento. Dev, ancora un po’ scosso, non fece altro che annuire. I pensieri gli vorticavano in testa, tormentandolo per tutto il giorno: “Com’è possibile? Perché io lo vedo sempre collegato? Come fa a non farsi scoprire?”
Per tutta la giornata non riuscì a concentrarsi su ciò che avrebbe dovuto svolgere. Quasi alla fine del suo turno arrivò una notifica di richiamo grave per essere risultato distratto e poco produttivo rispetto alla sua media giornaliera. Ma quel giorno, per Dev, il lavoro non era una priorità.
Appena suonata la campanella di fine turno, si fiondò fuori dall’edificio. Doveva passare a casa prima di andare a cena da Qiba. Credeva di aver capito dove abitasse, ma aveva paura di non aver sentito bene nella confusione del momento.
Scelta bizzarra, quella di Qiba. Perchè vivere fuori dagli alveari forniti da Redspot a prezzi così modici? Certo, non erano il massimo della comodità, ma c’era tutto quello di cui avevi bisogno per sopravvivere. L’appartamento di Qiba era nella periferia un po’ abbandonata della città, vicino a quella che una volta era l’industria tessile più importante del paese. Ora era fallita e i locali, una dozzina di prefabbricati di lamiera, erano di proprietà di Argo.
A Dev non capitava spesso di uscire fuori dalla zona lavorativa, e passeggiando per quelle strade ricordò il perché. In quel quartiere non si sentiva per niente sicuro. Le strade, l’architettura delle case e una semioscurità inquietante rendevano l’ambiente molto più desolato e degradato. Un po’ a fatica e solo grazie alle indicazioni degli occhiali trovò finalmente l’indirizzo di Qiba.
“Chi abita qui? Taggalo!” Dev stava per farlo, ma per qualche motivo decise di non condividere nulla, almeno fino a che non si fosse chiarito col suo amico.
La casa era molto diversa dalla sua. Era un edificio alla vecchia maniera, con pochi piani abitativi e un colore completamente differente da quelli che lo circondavano. Niente a che fare con gli enormi quartieri monocromatici che era abituato a vedere.
Una volta entrato, dette un’occhiata in giro, stupito. Qiba aveva arredato l’appartamento come si faceva prima dell’avvento degli occhiali, con quadri e poster alle pareti. “Probabilmente avrà ereditato tutto da una bisnonna” pensò.
“Un attimo, sto arrivando” urlò Qiba dalla cucina. Dev si sedette su di un divanetto colorato in soggiorno, guardandosi attorno come se fosse appena entrato in un museo. Qiba si presentò poco dopo, con una pentola piena di zuppa. Ora che lo aveva davanti a sé, Kyromante non sapeva più da dove cominciare.
“Sei arrivato puntuale” disse, versando un po’ di quella roba in una ciotola. “Non so perché, ma me lo aspettavo”.
Aveva un’espressione beffarda, come se sapesse che Dev dentro di sé aveva un’infinità di quesiti da porgli.
“Da dove vuoi cominciare?” chiese, appena finito di servirsi da solo.
“Non so proprio… Anzitutto, come fai a risultare collegato in rete dagli occhiali? Da quant’è che lo fai? Cos’è che ti spinge a fare tutto ciò? Perché…”.
“Ehi, calma Kyromante! Una cosa per volta. Per quanto riguarda il mio status online, è semplicemente uno script che ho ideato con il mio gruppo. Faccio fare due o tre percorsi diversi a settimana al mio account copiato in locale sul mio PC. Per Argo sono quasi sempre collegato. In effetti, non deve credere che abbia una vita molto entusiasmante” disse Qiba ridacchiando.
“Ma perché lo fai? Ti rendi conto di quanto stai rischiando? Le azioni di hacking sono considerate terrorismo di terzo livello!” esclamò Dev con una voce stridula. Fece una pausa, poi continuò: “Per quale motivo corri questo rischio quando potresti andare in giro senza occhiali?”.
“Secondo te, come verrei visto dagli altri se non avessi questi dannati occhiali? Comincerebbero a farsi domande e prima e poi verrei pizzicato per qualcosa. Ad uno del mio gruppo è già successo”.
Dev non sembrava del tutto convinto. “Pizzicato per cosa? E poi chi è questo tuo gruppo? Che cosa fate di preciso? Ne parli spesso ma in questi mesi non me li hai mai presentati. Come…”.
Qiba lo bloccò nuovamente “Se mi lasci il tempo, magari potrei anche darti qualche risposta”. Dev si zittì.
“Faccio parte da ormai un paio di anni di un gruppo, mmmh… di attivisti. Quello che facciamo non sempre è compreso dal governo o da Argo perciò usiamo dei mezzi sicuri per comunicare e per non farci intercettare. Il trucco degli occhiali è uno dei tanti. Tra di noi comunichiamo attraverso dei canali privati e sicuri, come i tunnel VPN, non so se te ne hanno mai parlato. E ovviamente tutte le informazioni che ci scambiamo sono criptate in modo che anche se ci beccano non c’è alcun pericolo…”
“Perché?”
“Beh, senza la tua chiave privata per decriptare il messaggio, non potranno mai leggere ciò che hai scritto”.
“Continuo a non capire perché facciate tutto ciò… ”
Qiba assunse un’espressione molto solenne, riflettendo bene sulla risposta da dargli. “Ero stufo. Anzi, eravamo stufi. Stufi di essere sempre consigliati, su dove mangiare, come vestirci, chi conoscere. Stufi di doverci far piacere qualsiasi cosa ci venisse propinata da Argo. Un bombardamento continuo di Condividi ai tuoi amici, Consiglialo al tuo gruppo, Metti mi piace. Stufi di avere una finta scelta”. Ci pensò un po’… poi gli chiese con fare provocatorio: “Quand’è l’ultima volta che hai mangiato qualcosa di diverso dal solito cibo consigliato da Argo? E l’ultima volta che hai letto un libro che non avesse mai letto qualcuno della tua cerchia? Non senti di non avere più potere decisionale su te stesso, sulla tua vita, sui tuoi desideri?”.
Dev era pensieroso. Non era ancora convinto completamente di quel che il suo amico gli stava dicendo. Alcune cose non gli tornavano proprio. Qiba non sembrava proprio un criminale o, peggio ancora, un terrorista. Ma allora perché criptava i suoi messaggi? Cosa significava che quello che faceva lui non era compreso dal governo o da Argo?
“Devo andare a trovare Qiba”. Dev si è perso nei suoi pensieri ed è già in ritardo con il lavoro da casa.
“Mi darò per malato, sarebbe la prima assenza dell’anno in fondo… ” pensa, infilandosi la giacca. “Speriamo solo che sia a casa.”
Guardandosi allo specchio, trasale. Dall’esterno gli occhiali paiono funzionare.
“Ma come è possibile? Che sia stato davvero Qiba? Perché l’ha fatto? Sa come la penso in proposito…”
Una morsa al petto. Qiba è il suo unico vero amico dopo anni di stentate conoscenze superficiali. L’unica persona con cui possa parlare di cose diverse dall’ultimo post in cui si è taggati su sociaLife. Questo tiro mancino non se l’aspettava… Spera solo di sbagliarsi e che sia un difetto dei suoi occhiali. In fondo è da anni che porta sempre gli stessi.
“Ora come faccio a sapere che tempo farà?” Dev rimane sulla porta, passando la mano sull’ombrello, inutilmente. Di solito, grazie alla sincronizzazione WiFi tra l’ombrello, gli occhiali e il satellite meteo, basta passare la mano sul manico per capire se pioverà. Se il manico diventa rosso si può lasciare l’ombrello a casa, se diventa blu è meglio portarlo con sè se non ci si vuole bagnare. Non c’è nemmeno più bisogno di guardare dalla finestra.
“La finestra, giusto!”
Erano anni che Dev non apriva le finestre da solo. Con l’ombrello digitale e col fatto che i vetri scorrevano durante la sua assenza per il ricambio d’aria, affacciarsi al mattino era diventata solo una perdita di tempo.
“Clack!“. Aria fresca.
Chiude gli occhi per un momento, godendosi la brezza mattutina. Sicuro di leggere sullo schermo subito dopo “Sonno? Bar Dolcezza a 3 minuti e mezzo da qui, it’s time for a coffee!”
E invece niente. Che effetto strano. Si lega l’orologio analogico al polso, con un sorriso. Lo aspetta una giornata quantomeno diversa.
Qiba pensò bene alla risposta da dare a Dev visto che il punto che aveva sollevato l’amico era davvero delicato. Soprattutto era difficile affrontarlo in pausa pranzo, dentro ad una pizzeria strapiena.
“Non siamo criminali, o almeno non lo siamo nel modo in cui lo intendi tu. Esprimiamo il nostro dissenso in varie forme e questo non piace a Argo, né tantomeno al governo. Per questo se dobbiamo comunicare tra noi, cifriamo sempre i nostri messaggi. Anche solo per far sapere quello che ci è successo durante la giornata o cosa abbiamo comprato dal supermarket online.”
“Continuo a non capire. Perché dovresti sempre usare messaggi crittati? Mi rendo conto che sia importante nel caso tu faccia qualcosa al limite della legalità. Ma per comunicarsi la lista della spesa, che senso ha?” chiese Dev.
“I tuoi genitori ti hanno mai parlato delle lettere?”
“Sì, credo di averne ancora qualcuna a casa. Perché?”
“E delle cartoline?” proseguì Qiba “Te ne hanno mai parlato? Qual era la differenza?”
“Beh…” cominciò Dev, corrugando la fronte nel tentativo di ricordare “Le lettere erano dei fogli con scritto quel che volevi ed erano chiusi in una busta. La cartolina era la stessa cosa ma visibile da tutti…” Mentre le parole gli uscivano di bocca, aveva già capito dove il suo amico volesse andare a parare.
“Quindi che differenza c’era tra le due?”
“È ovvio. Se volevi scrivere qualcosa di confidenziale, non lo facevi certo con una cartolina.” rispose Dev prontamente.
“Confidenziale nel senso di illegale o nel senso di personale?”
“Uff, personale!” sbuffò Dev “Ma non è la stessa cosa!”
“Appunto” continuò Qiba. Dopo una breve pausa riprese a parlare: “Ora è anche peggio. Nessuno ha consapevolezza della vulnerabilità delle comunicazioni tramite Argomail e del fatto che ogni bit venga raccolto, analizzato e utilizzato. Che poi l’uso sia commerciale, antiterroristico o di pura indagine di marketing non importa. Per questo proteggo sempre le mie email, cifrandole. Conosci il sistema PGP? Sembra complicato, ma in realtà è alla portata di tutti. È un programma che si basa sull’utilizzo di una coppia di chiavi, una pubblica e una privata. Lo puoi pensare come una cassaforte: se vuoi mandare un messaggio cifrato usi una chiave pubblica – come se fosse un lucchetto – chiudendo il messaggio nella cassaforte. Solo il destinatario, con la sua chiave privata, può aprire il lucchetto e può decifrare il messaggio che gli hai mandato”.
“Non capisco ancora come fai ad essere così sicuro degli strumenti che usi. Come fai a sapere che la pgp sia invulnerabile?”.
“Beh… Perchè si fonda su solide basi teoriche ed è stato implementato da molti programmatori esperti… Tra cui anche me.”
“Ah!” Kyromante aveva capito che Qiba fosse molto abile a programmare, ma non immaginava fino al punto da sviluppare software per la crittografia. Soprattutto non immaginava che un programmatore di questo livello potesse fare il tirocinante a Redspot. Dev riusciva solo ora a capire meglio certi comportamenti di Qiba che inizialmente lo avevano sorpreso.
“Quindi è anche per questo che non sei mai su sociaLife, vero?”
“Un tempo lo frequentavo spesso… Fino a qualche anno fa era diverso. Nonostante sapessi già tutte le implicazioni che comportava farne parte, starci era il modo più semplice per raggiungere velocemente un gran numero di persone. D’altronde, sociaLife è come una piazza sempre piena di gente, pronta ad ascoltare qualsiasi cosa tu abbia voglia di dire. Io e il mio gruppo postavamo articoli interessanti, cercavamo di creare dibattiti su tematiche controverse, facevamo seminari preparati da noi e li pubblicizzavamo su sociaLife. Poi il mio account è stato sospeso.”
“Sospeso?” Dev strabuzzò gli occhi. Sapeva che un simile trattamento era riservato ai profili segnalati più e più volte.
“Sì. Io l’ho preso come un avvertimento. Contenuto inappropriato, recitava il messaggio. Non so se sia stato qualcuno tramite Aiuta la Giustizia versione online o semplicemente abbia tirato troppo la corda io. Fatto sta che in quel momento ho capito che non saremmo più potuti tornare indietro.”
“In che senso?” Dev pendeva dalle labbra di Qiba come un bambino che ascolta per la prima volta una storia avvincente.
“Nel senso che c’era un tempo in cui sociaLife poteva essere usato per smuovere le coscienze. Un tempo in cui il gioco valeva la candela. Ora non più. Non si riesce nemmeno più a capire chi mandi le segnalazioni dei contenuti pubblicati dagli utenti e chi decida se siano appropriati o meno. Ora il livello di controllo è tale che per una persona come me esporsi sul social potrebbe mettere a rischio me e i miei compagni.”
“Una persona come me..” pensò Kyromante, perplesso.
Ora che passa davanti a quella pizzeria, a Dev torna in mente la discussione, avvenuta almeno due mesi prima. Ritorna lo sconforto. “E se si fosse avvicinato a me solo per fregarmi? E se un anno fa, sulle scale, mi avesse scontrato intenzionalmente? Impossibile. Il giorno dopo, sono stato io a cercarlo per il reparto e sono stato sempre io ad aggiungerlo su sociaLife.”
Mentre è assorto nei suoi pensieri scorge una via che non aveva mai notato, nonostante quella fosse la solita strada che aveva percorso centinaia di volte. Senza le mappe di Argo la città stava assumendo una morfologia molto diversa dal solito.
Kyromante si guarda intorno, fortuna che è domenica e stanno tutti lavorando a casa.
Si infila nella viuzza e prosegue.
“È proprio bello” pensa tra sé e sé “andare dove mi pare e non dover condividere la mia posizione”. Probabilmente si è già perso, ma che importa? In questo momento dovrebbe essere a casa, sul letto, a programmare codice per qualcosa troppo grande e importante anche solo per sapere a cosa serva.
“Il codice su cui voi tutti avete lavorato ha permesso lo sviluppo di moltissime app che stanno cambiando la vita delle persone. Per questo, dovreste essere orgogliosi di voi stessi per il vostro duro lavoro” disse uno dei suoi superiori durante il discorso di fine anno ai dipendenti, poco prima di essere travolto da un fragoroso applauso.
“Ma per quale motivo dovrei essere orgoglioso del mio duro lavoro?” ripensa ora Dev. “Non so nemmeno cosa sto realmente implementando. Potrei lavorare ad Aiuta la giustizia senza saperlo oppure a quella nuova app nata da poco: TellTheTruth. Perché dovrei essere orgoglioso di implementare un’applicazione che permette di capire se l’altro sta mentendo analizzando le espressioni del suo volto?”
“Dev!”
Kyromante non crede ai propri occhi.
“Sonia, che ci fai qui?”
Ormai si è completamente perso, ma non se ne dispiace: sta passeggiando in un parchetto che fino alla mattina stessa non sapeva nemmeno esistesse.
“Ma come, non lo sai? Domani esce una nuova versione degli occhiali! Non hai visto il mio post? Ti ho pure taggato!”
“No in realtà non… No mi dispiace, non ci ho proprio fatto caso”
“Strano…” dice lei, cambiando espressione. Si avvicina con fare preoccupato. “Sicuro che va tutto bene? Ti ho scritto un mail ieri e non mi hai nemmeno risposto.”
“Ah sì…” dice Dev facendo finta di ricordare, per non insospettirla ulteriormente. “Non ho avuto proprio tempo di rispondere. Sai, tra il lavoro e GreenMe… ma tu piuttosto” continua, cercando di cambiare argomento “perché sei in giro di domenica mattina? Cosa c’entra l’uscita degli ultimi occhiali?”
“Se avessi letto il mio post…” risponde lei, quasi scocciata “Vado ad accamparmi! Domani mattina alle 9 apriranno le porte del negozio e per i primi 100 consumatori gli occhiali sono in regalo!”.
“Starai 24 ore davanti ad un negozio per un nuovo paio di occhiali?” Dev è seriamente sorpreso, da Sonia non se lo sarebbe mai aspettato.
“Ma Kyromante, dovresti vederli! È stata integrata una nuova app, chiamata dressCode. Basta fare una foto al tuo guardaroba e Argo sceglie per te come vestirti, combinando gli abbinamenti più in voga del momento. Pensa che se hai vestiti non più di moda, Argo ti consiglia il negozio più vicino dove poterne comprare di nuovi, adattandosi al tuo stile. Non è bellissimo? Per te che ti lamentavi del fatto di vestirsi in fretta al mattino, è perfetta! Kyromante, mi stai ascoltando?”
Dev è senza parole. Ma da quanto tempo non vede Sonia? È sempre stata così superficiale?
“Scusami io… Devo andare, ci sentiamo”
“Ah… Ok…. Stasera sei su social, vero?”
Dev, annuendo sovrappensiero, si è nel frattempo già incamminato. Chi avrebbe mai immaginato…” pensa “Chi avrebbe mai immaginato che bisognasse togliersi degli occhiali, per vederci meglio.”
Cento occhi aveva Argo tutt’intorno al suo capo:
due alla volta riposavano a turno,
mentre gli altri stavano svegli, montando la guardia.
In qualunque modo si sistemasse, sorvegliava Io;
(Ovidio, Metamorfosi 1, 625-627)
“Il codice è pulito” mugugna Qiba.
“Tutto qui? ma sul programma non mi dici niente?”.
Dev gli stava mostrando GreenMe, dopo gli ultimi aggiornamenti che gli erano costati mesi di lavoro.
“Cosa devo dirti, Dev? È simpatica.. È un’idea simpatica.” Qiba pare visibilmente imbarazzato.
“Cosa c’è che non va?” chiede Kyromante con un sospiro. È in arrivo una paternale, se lo sente.
“Ecco… il fatto è che non solo non risolvi un bel niente così, ma non analizzi nemmeno il problema dal punto di vista giusto”. Qiba ha deciso di vuotare il sacco. “Così facendo lisci solo il pelo all’emotività superficiale delle persone, che credono di “fare la differenza” lavandosi il culo con carta igienica riciclata, quando Argo produce continuamente versioni aggiornate di tecnologie inutili, che con delle campagne pubblicitarie che trapanano il cervello, ti fanno credere indispensabili.”
“Beh ma è sempre meglio di niente, no?”
“In più è pure finanziato dal ministero dell’ambiente, che mette a disposizione delle somme spropositate di lifecoins ogni anno per progetti simili al tuo, no?”
“Sì ma…”
Interrompe Qiba “…lifecoins che potrebbero essere usati per situazioni emergenziali come quella riserva che sta andando in malora appena fuori città!”
“Mi sembrava un modo più diretto e simpatico per…”
“Non sto dicendo che hai fatto male, Dev” prosegue Qiba, cercando di sembrare meno aggressivo “dico solo che con questa storia delle app, stanno creando uno strato di pseudo-coscienza sociale che non condivido e che vorrei grattare via, perché non fa altro che alimentare un finto buonismo che non porta a niente. Boicottiamo Argo, piuttosto!”
“Ho creato l’aiuta la giustizia degli ecologisti…” dice a voce bassa Dev, sprofondando sul divano.
“Beh no dai, adesso. Insomma…”
L’integralismo etico di Qiba non gli permette mai di usare mezze parole, nemmeno con Kyromante.
Da quando l’ha conosciuto, ha capito quanto Dev fosse un tipo a posto, corretto, con le idee chiare su certi argomenti anche se un po’ nebulose su altri, ma comunque con un grande potenziale. Avrebbe potuto fare grandi cose, se solo qualcuno gli avesse fatto aprire gli occhi. Se solo qualcuno gli avesse fatto capire che quella non era vita, e che fosse proprio quello il momento di riprendersi con la forza tutti i diritti che erano stati mangiucchiati lentamente e cautamente, a colpi di mi piace.
Non esiste più nulla che non sia di proprietà di Argo: non stiamo parlando solo dei beni materiali, la casa, la macchina, l’azienda in cui lavori: stiamo parlando di te stesso, di ciò che ti è più caro, della tua intimità, delle tue amicizie, della tua rete sociale, dei tuoi amori, dei tuoi desideri. Tutto è messo in vendita e tutto serve per accrescere l’enorme, sterminato capitale di Argo. Più la rete si fa grande, più interazioni ci sono tra i nodi, più informazioni dai a Argo… Questo Dev non l’ha capito, ancora.
Qiba queste riflessioni le fa da tempo, e non solo: da quando è poco più che maggiorenne, è entrato in un gruppo di hacker che da anni costituiscono la parte attiva di quella esigua e silenziosa resistenza che è rimasta.
Esigua perché il controllo è totalitario, e parlare fuori dal coro significa immancabilmente essere tacciati di terrorismo. Silenziosa quindi, viene da sé: ormai l’unico modo per (r)esistere è far finta di non esserci: gli attacchi a Argo, i DDoS ai siti governativi, gli aiuti ai blog censurati, gli script per non dover usare gli occhiali: tutto viene fatto nella più totale discrezione.
Qiba ci ha pensato a lungo, in questi mesi, ha chiesto consiglio agli altri compagni, ha deciso: vuole svelare tutto a Dev.
Con Kyromante si è stabilito un rapporto troppo profondo per non spiegargli come stanno le cose veramente.
Ormai lo conosce così bene, che mentre gli svela il trucco per non dover indossare gli occhiali sa già quale sarà la sua reazione. Ha già previsto che non basterà qualche chiacchierata per convincerlo. Sa fin da subito che dovrà essere un po’ invasivo e non molto corretto.
In realtà l’occasione si manifesta senza bisogno di dover architettare niente. È Dev stesso che gli chiede, con voce bassa, ad una pausa caffè: “Sono giorni che discutiamo di questi dannati occhiali. Mi fai vedere cosa si prova?”
Qiba non riesce a trattenere un sorriso. Risponde in modo beffardo, mentre si fruga tra le tasche “Ma come.. E il terrorismo di terzo livello?”
“Correrò questo rischio… Dai, solo due minuti!”
“Va bene… Però sarebbe meglio scambiarceli, così nessuno ci guarderà storto” dice Qiba, afferrando la schedina SD dalla tasca. “Trovata!” pensa “Speriamo sia quella con lo script giusto. È talmente piccola che non si accorgerà di nulla”.
“Incredibile!” Dev gira su se stesso e si ferma davanti alla macchinetta del caffe. “Oddio non ti consiglia nemmeno se prendere il caffè o meno!”
“Certo che no, non ti può scandagliare la retina…” sussurra Qiba, mentre infila la schedina negli occhiali di Dev, che ora ha addosso.
“È vero, quindi non può capire se hai sonno… E tu come ti senti?” chiede Kyromante, guardandosi intorno.
“Tartassato” risponde Qiba ridacchiando “Oh oh ti ha appena scritto Sonia…”
“Dà qua!” dice Dev, ridendo.
La pausa è finita e Qiba non deve fare altro che aspettare il giorno seguente per capire se la sua mossa è stata salvifica oppure troppo avventata.
Parte III – La sfida –
“Il messaggio è stato inviato correttamente” legge Dev sulla schermata del suo pc. “Perfetto!” pensa. Il tunnel VPN tra lui e Mr Z non gli aveva dato nessun problema da quando l’avevano implementato.
“Bisogna coordinarsi senza che nulla possa andare minimamente storto” pensa tra sé e sé, mentre continua a fissare il monitor del suo computer. Quel che c’è in gioco è troppo importante. Tantissime persone erano state coinvolte in quell’operazione, molte delle quali Dev non aveva nemmeno mai incontrato di persona. Quello che li accomuna in questo momento è un obiettivo comune.
Da qualche mese, Kyromante e i suoi compagni hanno lavorato praticamente solo a quell’attacco: mandare down i principali siti governativi e di Argo facendo apparire un messaggio scritto a più mani in cui si spiega il motivo del loro gesto.
Il governo ha dovuto indire elezioni a causa di conflitti interni e gravi accuse di corruzione di diversi ministri. Ma anche questa campagna elettorale, come le precedenti, è una farsa, una serie di burattini manovrati da Argo e dalle altre sorelle multinazionali che permetteranno il costante proliferare di capitale nelle mani di pochi, e la miseria in quelle dei restanti.
Oggi è il giorno di alzare la testa per guardare lontano, ed il suo gruppo è uno dei tanti che costruisce il sabotaggio, creando fattivamente un disagio diffuso a tutta l’immensa rete di Argo. Tanti attacchi, distribuiti nel tempo, a tutti i siti da cui Argo trae profitto: ora stanno per mandare down Aiuta la Giustizia, proprio l’applicazione che aveva suscitato in Dev molte domande, anni prima.
Ovviamente da soli non ce l’avrebbero mai potuta fare. Una coordinazione tra diversi gruppi, pur essendo lunga e difficile, è stata necessaria per non fallire. Kyromante non sembra agitato, nonostante quello sia effettivamente il suo primo attacco DDoS ad un sito governativo.
“Hai ricevuto un messaggio da Mr. Z”. Si è distratto un attimo, un’altra volta. “Non deve più succedere” pensa.
“Sei pronto?”
“Certo. Ho configurato tutto per l’attacco”
“Ottimo! Tra 10 minuti andiamo in scena”
Dopo la decisione di Dev di entrare nel gruppo di cui Qiba faceva parte, la sua vita era cambiata, profondamente. A parte Dev, Mr.Z e pochi altri, i militanti del suo gruppo non erano programmatori. Alcuni non avevano nemmeno finito l’università: un lavoro, anche se mal retribuito, li aveva spinti a interrompere gli studi prematuramente. Nonostante questo, col tempo tutti erano diventati esperti in materia, autoformandosi a vicenda.
Le maglie del controllo si erano strette tantissimo, esponenzialmente nel tempo: controlli di identità durante le ore lavorative, scannerizzazione del pollice non più alla maggiore età ma dopo il primo anno di vita, controlli mensili delle abitazioni. Le pene per il coinvolgimento in un gruppo di hacker erano ovviamente molto più dure di quelle di tanti altri reati.
Dev lo sapeva, era perfettamente cosciente del vicolo cieco che stava percorrendo sin dalla sera che decise di andare con Qiba a presentarsi agli altri, anni fa.
Tra i compagni del gruppo, Mr. Z è quello con cui è riuscito a legare di più. Era lui che rispondeva a qualsiasi suo quesito e che l’aveva aiutato a configurare lo script per sembrare sempre collegato agli occhiali. Avevano anche implementato un tunnel VPN insieme, una misura di sicurezza aggiuntiva nel caso in cui il traffico eccessivo tra i due computer risultasse sospetto ad Argo.
Kyromante aveva imparato in fretta ad usare gli strumenti di cifratura; d’altronde, quello che gli aveva detto Qiba tempo prima era vero: tutti possono imparare come si cripta un messaggio, non bisogna saper programmare per farlo.
Dev ricontrolla per l’ennesima volta che tutte le configurazioni siano quelle concordate con gli altri. All’improvviso un messaggio sul computer lo fa trasalire.
Qiba è in linea
“Non è possibile…” pensa, in un misto di sorpresa e gioia. “Devo subito dirlo a Mr. Z”.
“Qiba è di nuovo collegato alla chat!”
“Dev, non ti distrarre. Comunque non è vero, a me compare offline. Non scherzare su queste cose!”
È vero. Qiba non è in linea. Ma allora perché a lui era comparso quell’avviso?
Era da quasi un anno che Dev non riusciva più a comunicare col suo migliore amico. Un giorno, senza preavviso, era scomparso. Kyromante non aveva mai capito davvero il motivo di quel gesto. Secondo tanti suoi compagni, Mr. Z per primo, Qiba era stato arrestato o, nel peggiore dei casi, era morto. Non era possibile che dopo così tanto tempo non si fosse ancora messo in contatto con loro, dicevano.
Dev è di un altro parere. Forse era stato intercettato un suo messaggio non criptato e aveva deciso che era troppo rischioso restare. Forse si era esposto troppo per rimanere a lavorare a Redspot.
“Quel giorno un Qiba è scomparso, ma un altro ha preso il suo posto” aveva detto una volta Mr. Z, riferendosi a Dev.
“Ecco ci siamo!”
Il momento è finalmente arrivato. Dev non sta più nella pelle.
10… 9… 8…
Chissà cosa avrebbe pensato Qiba di lui.
7… 6… 5…
Avrebbe sicuramente detto una frase del tipo “Ma come? E il terrorismo di terzo livello?” con quel suo sguardo beffardo.
4… 3… 2…
Ormai non si può più tornare indietro.
1… 0
E dopo aver emesso un respiro profondo, tutto ha inizio.
Questo stava dicendo il dio di Cillene, quando s’accorse
che tutti gli occhi, lo sguardo velato di sonno, s’erano chiusi.
Subito tronca il racconto e, accarezzando con la sua verga magica
le palpebre illanguidite, ne assicura il sopore;
poi di furia, mentre vacilla, lo colpisce con la spada a falce
dove il capo s’unisce al collo e in un lago di sangue,
che imbratta i dirupi del monte, lo sbalza giù dal macigno.
O Argo, tu giaci: quella luce che possedevi in tante pupille,
è spenta; una tenebra sola grava sui tuoi cento occhi.
(Ovidio, Metamorfosi 1, 712-720)
Postfazione
Multinazionali che hanno il controllo completo della società e dei governi, dispositivi che pervadono la vita delle persone, quartieri lavorativi in cui gli operai passano la loro intera esistenza. Tutte esagerazioni fantascientifiche, distopiche si potrebbe pensare. In realtà questo racconto non dovrebbe sconvolgere più di tanto. È ormai noto che Google ha progettato e sta per rilasciare a breve un paio di occhiali (chiamati perciò “Google Glass”) dotati di connettività wifi e bluetooth, di un display elettronico e di una videocamera. Uno strumento del genere punta a sostituire gli smartphone, strumenti di per sé già molto invasivi e onnipresenti nella nostra vita. [1]
Ma per capire davvero quanto la realtà abbia superato la fantasia, basta pensare all’acquisto di Facebook di Oculus VR, un’azienda che sviluppa la realtà virtuale tramite un casco. L’utilizzo del casco, progettato per appassionati di videogiochi, sarà esteso ad altri ambiti, completamente slegati da quello iniziale di tipo videoludico, come l’istruzione, la comunicazione e l’intrattenimento.[2]
Un motore di ricerca, collegato ad un social network che ti guida e consiglia ogni volta che navighi? Niente di più reale. Il Filter Bubble è proprio il personalissimo web che appare ai nostri occhi quando ricerchiamo su Google, che mostra ad ogni utente i risultati di ricerca che vorrebbe vedere, basandosi su informazioni come posizione geografica, precedenti ricerche e link cliccati. Tutto viene collezionato e utilizzato per permettere pubblicità, suggerimenti, video consigliati a misura di utente. Cosa c’è di male, direte voi?
L’esempio che vorremmo portare alla luce è la decisione presa da Google di filtrare le parole che potessero indurre alla pirateria, prima tra tutte “torrent”, nel gennaio 2011. È possibile che gli utenti siano così influenzati dai suggerimenti del motore di ricerca da smettere di scaricare torrent solo perché la parola non viene suggerita?
Anche questa volta, Google ha colto nel segno: il calo delle ricerche che contengono la parola “Bitorrent” ha sfiorato il 50%. [3]
Un quartiere operaio in cui i residenti passano la totalità della loro vita può sembrare irreale mentre purtroppo è tristemente vero. Gli stabilimenti di alcune multinazionali fungono non solo da dormitori per gli operai che vi lavorano ma sono ormai delle vere e proprie cittadine separate intenzionalmente dal resto del mondo. Basti pensare al campus recintato di proprietà della Foxconn vicino a Shenzen, in Cina, tristemente noto per l’alto numero di suicidi dei suoi dipendenti , chiamato Longhua Science & Technology Park, in cui, oltre alla fabbrica e ai dormitori per i lavoratori, si trovano anche diversi servizi quali ospedali, ristoranti e negozi.[4] Un altro esempio è Toyota City, in Giappone, dove la multinazionale detta le regole e la vita stessa dell’intera città, di cui gestisce la maggior parte dei servizi.[5]
Nel descrivere le inquietanti applicazioni che Dev ha a disposizione nello store, non abbiamo dovuto sforzare più di tanto la nostra immaginazione. TellTheTruth non è altro che la degenerazione del riconoscimento facciale dei Google Glasses,[6] un’implementazione che ha sollevato molte critiche da vari garanti della privacy europei [7].
Con GreenMe abbiamo voluto accennare al concetto di elemosina e buona azione intrinseci nella mentalità capitalistica occidentale: il problema da “risolvere” non è il sistema economico a monte, ma lo sfruttamento umano e ambientale, conseguenza del capitalismo: con una deriva imperialista, si crede che dando l’otto per mille all’associazione di turno la nostra parte nel mondo sia stata fatta, nemmeno sforzandoci di analizzare il motivo per cui alcuni Paesi abbiano bisogno di assistenza. GreenMe non è altro che Alcoa, l’app che ti aggiorna su quanti soldi potresti fare ricilando lattine.[8]
Quanto è lontana dalla realtà Aiuta la Giustizia? Assolutamente per niente: già nel 2002 la polizia di Osaka chiedeva ai cittadini di registrare e inviare immagini illecite alla centrale.[9] Pochi più di dieci anni dopo, negli app store per iOS e Android compare Selfevident: “a free app that records, validates and secures evidence. It lets you file a report for work, notify an adviser or business of a claim, report a crime to the police, send the media a news story or just secure the evidence in your private account.”[10]
Con gli anni questi programmi si sono moltiplicati: iSpotACrime, iWitness, Crimepush. In questo articolo di business insider, viene paragonato lo smartphone user ad un eroe alla stregua di Batman nella lotta contro i crimini cittadini. [11]
Allontaniamoci dagli app store e avviciniamoci ad un altro tema lungamente affrontato nel racconto: la censura.
In questo paese i casi di censura sono ancora ristretti per la maggior parte alla violazione del copyright, a causa del restrittivo regolamento dell’Agcom, aggiornato a marzo, in cui viene dichiarato atto di pirateria, passibile quindi di multe e oscuramento, anche solo un link a materiale protetto da licenza. [12]
Casi di censura dovuti all’espressione di giudizi ritenuti pericolosi sono ancora limitati rispetto ad altri paesi, ma comunque da non sottovalutare: ricordiamo il polverone tirato su dal capogruppo dell’UDC alla Camera, Luca Volonté, nei riguardi del noto gioco flash Operazione: Pretofilia[13], una satira realizzata da Molleindustria che riproduce provocatoriamente le sevizie ai bambini da parte di preti. Ovviamente, come hanno dichiarato gli autori del gioco, il motivo della censura è puramente ideologico. “Mai avremmo pensato che dei minuscoli personaggi stilizzati potessero essere scambiati per reali. Ma se quei bambini virtuali, alti appena una manciata di pixel, fossero stati seviziati e divorati da perfidi alieni, l’onorevole Volontè si sarebbe scomodato in loro difesa? Non sarà forse il riferimento tragicamente reale, più che la qualità della rappresentazione, a dar tanto fastidio ai cattolici?”
Come si è conclusa la diatriba? Dopo un periodo di down, Molleindustria si è spostato in un server negli Stati Uniti, censurando alcune scene del gioco.[14]
Un altro caso eclatante è quello ai danni del collettivo Autistici/Inventati, che si occupa da anni di diritti digitali e privacy, e che nel 2004 ha ricevuto una citazione da parte di Trenitalia a causa del contenuto ritenuto diffamatorio di un sito ospitato su uno dei loro server. [15]
La pagina è una satira all’azienda ferroviaria e ai suoi coinvolgimenti con il trasporto di armi. Dopo aver rimosso il sito, Autistici/Inventati hanno fatto ricorso al provvedimento d’urgenza, vincendo la causa. [16]
Un’altra storia finita bene, ma cosa sarebbe successo ad un utente medio? Di certo non tutti possono rischiare di perdere una causa da migliaia di euro. Ci si limita quindi a sottostare alla legge, eliminando il contenuto illecito.
Come abbiamo detto all’inizio, in ogni caso in questo Paese i siti di file sharing sono quelli che che vengono principalmente bloccati dalle forze dell’ordine. Non che questo non sia una grave violazione della libertà individuale! Da qualche tempo è possibile tenere sotto controllo quali pagine non siano più accessibili tramite Osservatorio Censura [17], che viene aggiornato periodicamente.
La questione più spinosa che abbiamo toccato è sicuramente la presenza costante e asfissiante di sociaLife nella vita di Dev. Assomiglia, più che ad un social network, ad una sorta di portale in cui le interazioni con gli altri sono paradossalmente più reali e concrete di quelle che avvengono nella vita di tutti i giorni, che al contrario sono praticamente assenti. Il mondo di oggi è distante da un totale estraniamento dalla realtà fisica a favore di una virtuale, in cui comunque siamo immersi molte ore al giorno, ma la tendenza a cui stiamo assistendo è una totalizzante condivisione della nostra vita quotidiana in rete, tramite post, foto, tag di persone con cui siamo stati e luoghi che abbiamo visitato.
In particolare, l’azienda che sta assumendo un ruolo monopolistico nell’ambito dei social network e delle telecomunicazioni in generale è Facebook. Anche se non vanno dimenticate le alternative russe (V Kontakte) e cinesi (Q Zone), Facebook ha superato il miliardo di utenti attivi mensilmente ed ha una diffusione capillare in tutto il mondo. [18] Con l’acquisto di due diffusi servizi online, Instagram (acquistata nel 2012 per circa 1 miliardo di dollari) e WhatsApp (acquistata a febbraio 2014 per 19 miliardi di dollari), l’azienda californiana ha amplificato il controllo sui dati che giornalmente sono condivisi su queste tre piattaforme.
Il fatto che Facebook sia un archivio enorme di informazioni condivise dai suoi utenti non è una novità. Già nel 2011, uno studente austriaco, Max Schrems, sollevò la questione richiedendo i suoi dati personali posseduti dall’azienda. Dopo una lunga attesa e diversi solleciti, gli vennero consegnate poco più di 1200 pagine PDF in cui erano contenuti dati anagrafici, foto, conversazioni private e post, tutto ciò che Max aveva condiviso sul suo account da quando si era iscritto a Facebook. [19]
Max fondò allora la pagina “Europe vs. Facebook” per richiedere una policy della privacy in linea con i regolamenti vigenti, a cui aderirono in poco tempo decine di migliaia di persone ma che non riuscì ad ottenere alcun risultato.
Ma perché Facebook è così interessato ai nostri dati personali? Innanzitutto, sapere quali sono i nostri gusti e i nostri interessi permette all’azienda di guadagnare introiti esorbitanti in pubblicità mirate rivolte agli utenti. Nel 2011 questa cifra era pari a più di 4 miliardi di dollari [20] e negli ultimi anni ha continuato a crescere. Inoltre, pur se ufficialmente Facebook si è schierata a favore della libertà di espressione – come nel caso della protesta di Zuckerberg contro i provvedimenti antipirateria SOPA e PIPA, successivamente ritirati [21], e contro la sorveglianza in rete [22] – l’enorme banca dati in possesso dall’azienda le permette di avere accesso a tutte le informazioni degli utenti oppure di censurare, in modo del tutto discrezionale, gruppi, video o altro materiale condiviso sulle sue piattaforme. In definitiva, si può dire che la gratuità del servizio viene in realtà pagata dagli usufruitori con il consenso all’utilizzo di una quantità importante di dati personali e la cessione dei diritti sulle loro idee e sulla loro creatività, che la piattaforma fagocita, fa propri, riutilizza e trasforma in denaro.
La maggior parte degli strumenti che quotidianamente vengono usati in rete sono di proprietà di aziende che assieme ai governi possono controllare i messaggi di posta inviati, i siti visitati, le conversazioni effettuate in chat. Molti solitamente pensano che questo in fin dei conti non sia un problema: tanto chi non ha nulla da nascondere non dovrebbe avere paura. In realtà le intercettazioni e l’acquisizione dei dati personali avvengono con una totale discrezionalità da parte dei soggetti detti sopra, che spesso abusano di questo potere per controllare a tappeto gli utenti della rete. Questo non dovrebbe sorprendere più di tanto: lo scandalo sollevato da PRISM, un programma di sorveglianza dell’NSA, ha portato alla luce che l’agenzia di sicurezza americana poteva accedere alle informazioni degli utenti direttamente dai server delle grandi multinazionali informatiche, come Google, Facebook e Yahoo. [23]
I metodi che si hanno per proteggersi da queste intrusioni sono differenti e spesso di facile utilizzo. Per proteggere le proprie email, che non avendo un sistema nativo di sicurezza sono facilmente intercettabili se spedite “in chiaro”, si può ad esempio usare il sistema PGP (Preety Good Privacy), un metodo di cifratura che permette di rendere il contenuto di ciò che si scrive decifrabile solo possedendo una chiave difficilmente riproducibile da un estraneo, tramite un sistema di cifratura detta asimmetrica. Inoltre il tunnel VPN, usato nel racconto per comunicare in maniera sicura, è effettivamente un canale virtuale cifrato che rende anonimo tutto il traffico internet generato dal tuo computer e quindi rende difficile ricollegarlo ad un soggetto specifico. Questi, insieme a tantissimi altri strumenti di instant messaging, di audio/video chat e di cifratura del traffico internet, [24] permettono a molti utenti che hanno sviluppato coscienza del problema di aggirare al meglio il fenomeno della sorveglianza in rete.
Conclusioni
Con questa breve storia abbiamo voluto immergere il lettore in un mondo non troppo diverso da quello attuale ma comunque abbastanza spaventoso e grottesco da poter far riflettere sulla nostra dipendenza dalle tecnologie e soprattutto sull’inconsapevolezza degli strumenti a cui quotidianamente siamo collegati e che giornalmente utilizziamo. Questo testo non vuole mirare a condannare le nuove tecnologie, lungi da noi! Noi stessi siamo i primi utilizzatori di tutti i canali mainstream che negli ultimi anni hanno assunto connotati sempre più interessanti, siamo i primi utilizzatori di smartphone e sfruttiamo canali non sicuri come WhatsApp. Allo stesso tempo però, abbiamo compreso le vulnerabilità di tutte queste applicazioni e imparato ad utilizzare programmi sicuri, anonimi, e soprattutto opensource (o meglio, liberi).
Utilizzare un programma il cui codice è liberamente controllabile e modificabile da una grande comunità di persone permette, a chi non ha le capacità tecniche, di utilizzarlo con sicurezza senza dover avere grandi conoscenze informatiche. Questo ovviamente non può avvenire con i programmi proprietari, nei quali l’utente deve fidarsi incondizionatamente dell’azienda . Parliamo di utente perché scegliendo un programma closed-source il nostro ruolo si riduce a quello di meri utilizzatori, passivi e incoscienti.
La filosofia del software libero mira alla liberazione dei saperi. E i saperi per essere liberi devono possedere diverse, imprescindibili caratteristiche: non devono avere padroni, devono essere accessibili, copiabili e modificabili da tutti. Così è possibile imparare dal lavoro degli altri e restituire alla collettività il frutto del proprio lavoro. La condivisione libera della conoscenza non permette, per sua natura, l’accentramento nelle mani di pochi, con successiva acquisizione di potere da parte di questi.
Sono anni che i movimenti sociali e politici lottano usando come parole d’ordine la liberazione dei saperi, il diritto alla conoscenza per tutti e tutte. Ma allora perché continuare ad usare software proprietari? Il software libero in informatica è la dimostrazione del fatto che il sapere libero funziona addirittura meglio di quello proprietario e che la creazione di una comunità che ha un obiettivo comune e lavora cooperando raggiunge risultati qualitativamente migliori della multinazionale di turno.
Per tutte queste ragioni noi in primis utilizziamo, e spingiamo gli altri ad utilizzare, nel limite del possibile, software non proprietari. Per tutte queste ragioni non utilizziamo più Windows da tempo, ma sistemi operativi basati su Linux. Per tutte queste ragioni spingiamo per la sperimentazione di tutte le alternative possibili. Alcune funzionano, altre meno, ma questo non deve scoraggiarci e soprattutto esimerci dal provarle. Siamo critici nei confronti dei social network più utilizzati ma ci rendiamo conto di doverne fare parte, pena il non poter raggiungere molte persone. Allo stesso tempo però sperimentiamo piattaforme orizzontali, costruite dal basso, che non lucrano sulle nostre informazioni.
Siamo critici nei confronti della gigantesca multinazionale Google e della sua policy di tracciamento. Sperimentiamo anche in questo caso motori di ricerca alternativi.
Siamo coscienti della vulnerabilità delle comunicazioni elettroniche e preferiamo utilizzare caselle di posta autogestite e con politiche non aziendali.
Grazie a queste consapevolezze abbiamo cominciato ad usare, da qualche anno, piattaforme sicure e decentralizzate per chattare tra di noi, come RetroShare, e utilizziamo tuttora il sistema PGP per cifrare le nostre email e aggirare così il controllo.
Questa scelta politica porta ovviamente con sè qualche fatica in più, ma dopo qualche sforzo, ci sentiamo più liberi!
Fonti
[1]http://www.knowyourmobile.com/google/google-glass/21388/google-glass-release-date-features-and-price-ray-ban-oakley-commit-future
[2]http://punto-informatico.it/4018210/PI/News/oculus-facebook-vuole-realta-virtuale.aspx
[3]www.hwupgrade.it/news/web/filtro-anti-pirateria-di-google-buona-l-efficacia-ma-a-che-fine_37734.html
[4]http://online.wsj.com/news/articles/SB118677584137994489?mod=blog
[5]http://it.paperblog.com/la-vita-a-toyota-city-dove-l-azienda-detta-orari-comportamenti-e-regole-238515/
[6]http://www.libro-seo.it/post/2011/02/21/Google-il-riconoscimento-facciale-delle-immagini-Visual-Search.aspx
[7]http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/23/google-glass-allarme-dei-garanti-privacy-riconoscimento-facciale-rischioso/633896/
[8]http://www.alcoa.com/recycling/en/info_page/home.asp?refer=appleistore
[9]http://punto-informatico.it/142050/Telefonia/News/cellulari-3g-sono-spie-della-polizia.aspx
[10]https://itunes.apple.com/gb/app/self-evident/id571644999?mt=8
[11]http://www.businessinsider.com/crime-fighting-apps-2013-6
[12]https://eigenlab.org/2013/12/riflessioni-sul-nuovo-regolamento-in-materia-di-tutela-del-diritto-dautore/
[13]http://www.molleindustria.org/en/operation-pedopriest
[14]http://www.molleindustria.org/node/92/
[15]http://autistici.org/zenmai23/trenitalia
[16]http://www.autistici.org/ai/trenitalia/index.php
[17]http://censura.bofh.it/
[18]http://vincos.it/2013/07/29/la-mappa-dei-social-network-nel-mondo-giugno-2013/
[19]http://www.presseurop.eu/en/content/article/1884271-max-schrems-man-who-de-friended-facebook
[20]http://www.bloomberg.com/news/2011-09-20/facebook-revenue-will-reach-4-27-billion-emarketer-says-1-.html
[21]http://www.ictbusiness.it/cont/articolo/web-e-copyright-anche-facebook-contro-sopa-e-pipa/28157/1.html
[22]http://www.ilpost.it/2014/03/14/zuckerberg-obama-sorveglianza-online-nsa/
[23]http://www.theguardian.com/world/2013/jun/06/us-tech-giants-nsa-data
[24]https://we.riseup.net/avana/opuscolo