Eppur si muove.

… ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi con lo stesso impegno…

Tace, perché evidentemente adora la posizione afasica, la più triste espressione della stupidità al potere. Eppur si muove. Già eigenLab è senza energia elettrica da 40 tristi giorni, già l’orto ha visto molte delle sue piante e dei progetti per l’autunno morire a causa della carenza d’acqua, perché è stata staccata anche quella, come se l’acqua per un progetto di orto urbano [1] didattico aperto a tutte e tutti fosse uno spreco di risorse. E non è uno spreco, nella logica del rettore, un contratto per cedere a Microsoft, con l’acquisto di “Office 365”, tutti i contenuti di mail (leggibile solo con client proprietari!) e file di studenti e lavoratori dell’università, nonostante una spesa enorme affrontata pochissimi anni fa per l’acquisto di un array di dischi da 2000 terabyte destinato ad ospitare un cloud interno, che non è stato mai configurato. Alla faccia dell’Open Access e dello sviluppo aperto della conoscenza: questa è una grave carenza per un’università all’avanguardia e così moderna. E cozza particolarmente con la nozione di “spreco” che abbracciano rettore e prorettrici/tori quando parlano dei costi sostenuti dall’università a causa degli spazi autogestiti: in parte perché quegli spazi sono animati da studentx che pagano le tasse, ma anche perché costoro si scordano di citare i benefici (“gratuiti” per il bilancio d’ateneo) offerti su base volontaria in quegli spazi: aule studio, conferenze, accesso ad internet, centri stampa, servizi in cloud, attività culturali, occasioni di socialità… tutte cose che questa città offre in misura a dir poco insufficiente.

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Intervista a Break Now

del gruppo “Le Pendolari” di Economia. (fonte)

Break Now è uno sprazzo di vita all’incrocio tra i poli di Economia, Agraria e il nuovissimo polo Piagge (talmente aperto, che le aule vengono chiuse subito dopo la fine delle lezioni per non farci rimanere le student*).
È proprio dagli spazi autogestiti come questo, che vengono i contributi fondamentali per rendere le nostre vite di student* (per lo più precar*, fuorisede..) dotate di senso, qualcosa di ulteriore alla “alienazione” che ci offre il mercato dei saperi (pure a caro prezzo, considerando gli affitti *assurdi* di questa città).


“In che cosa si differenzia Break Now rispetto alle tradizionali aule studio?
La differenza sta proprio nella possibilità di confrontarsi in modo aperto nello studio, di socializzare in diversi modi, di scaldarsi il pranzo e mangiare insieme ai compagni, di concedersi attimi di relax sul divano. Uno degli obiettivi dei frequentanti di Break Now è non limitarsi a sfruttarla solamente per lo studio, ma anche per iniziare a trattare argomenti e portare avanti iniziative nuove ed originali, opportunità che solitamente l’università non offre.”

L’aula studio Break Now

Cineforum, jam session, iniziative culturali.. il tutto organizzato collettivamente, dal basso e in modo autofinanziato: tutto ciò che costituisce il cuore pulsante della comunità universitaria di questa città viene attaccato e svilito, in nome del decoro e della legalità, dall’amministrazione centrale UniPI: mentre dal rettorato piovono diffide, muri si alzano dovunque alle periferie, nei dipartimenti dove direttori e docenti interrompono il dialogo che ha fruttato per anni, forse sotto la formula standardizzata e minacciosa “ogni questione con gli studenti deve passare dalla segreteria del Rettore” (che, come abbiamo potuto verificare, solitamente ignorerà qualsiasi comunicazione).
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Ché l’ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte.

«dal Corriere del Diffidato, luglio 2018»

 

E igenLab è un laboratorio hacker autogestito [1] che ha la sua sede all’interno del polo Fibonacci [2] da ormai quasi 8 anni. In primo luogo il collettivo che porta avanti il progetto si è occupato del mantenimento e della riqualificazione di un’area da lungo tempo completamente abbandonata dall’università, attraverso progetti tecnologici ed ecologici basati sulla condivisione e la produzione di nuove conoscenze. Il deposito di rifiuti edili è stato bonificato ed è tornato a vivere sotto forma di un orto urbano [3] da più di 7 anni, curato dall* student* di ogni facoltà, completamente autofinanziato, collegato alle economie solidali, ai G.A.S., agli scambi locali dei semi e incentrato sulla sperimentazione, la riproduzione e la conservazione delle sementi di varietà locali di grani, ortaggi e tuberi. Si tratta di un’attività che mette in mostra concretamente le possibilità di rendere fertile e vivace uno spazio abbandonato all’incuria e ormai sterile, un’area degradata che risorge e si popola di esperimenti e di idee. Anni di attente cure hanno permesso a diversi alberi da frutta di crescere, sono state mantenute delle piante decennali, riprodotte e conservate numerose sementi locali, tra cui alcune selezioni antiche [4].
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Orto 2017: cosa è stato fatto e perché

È stato un anno molto interessante per il progetto orto, dopo i numerosi tentativi e le molte sperimentazioni degli ultimi 3/4 anni siamo riuscit* a ottenere dei risultati interessanti e abbiamo deciso di condividerli.

Non si tratta soltanto di risultati in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, perché il progetto non ha lo scopo di provvedere al sostentamento alimentare completo di una trentina di persone, vuole invece essere un luogo di dibattito, sperimentazione e divulgazione sui temi che riguardano l’ambiente, l’alimentazione e la produzione del cibo.

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UN’AULA X TUTT*

L’Università di Pisa vive una drammatica carenza di spazi per le/gli student*: la stragrande maggioranza delle aule viene chiusa subito dopo la fine delle lezioni, i poli bibliotecari e le altre aule studio sono inaccessibili la sera e durante il weekend. I luoghi dove i/le circa 50.000 iscritt* dell’ateneo possono studiare si riducono a pochi spazi autogestiti, anch’essi sotto minaccia costante da parte dell’amministrazione dell’università.

Considerando soltanto i dintorni del polo Fibonacci, gli spazi a disposizione per studiare oltre l’orario di chiusura erano finora eXploit, l’aula studio Pacinotti, l’aula ponte (solo fino alle 21), le aulette di matematica e l’aula X. Quest’ultima, annessa alla biblioteca di Matematica, Informatica e Fisica e fino a pochi giorni fa aperta anche la sera, è stata chiusa senza un reale motivo pratico o di sicurezza e soprattutto senza coinvolgere gli/le student* né fornire prospettive per il futuro; questo è avvenuto nonostante la trattativa successiva all’occupazione dell’aula ne prevedesse l’apertura anche negli orari serali. Quel che è grave di questa vicenda non è soltanto la limitazione in maniera arbitraria e non necessaria del campo delle disponibilità di un* student*, ma la riproduzione di un’intera simbologia di chiusura, compartimentazione e innalzamento di barriere che caratterizza le trasformazioni della nostra università. In parallelo, si assiste a una continua centrifugazione della popolazione studentesca dal centro alle periferie della città, come è avvenuto per il Dipartimento di Chimica, per gli spazi della Sapienza e come presto avverrà nuovamente per Scienze Politiche.
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